La condivisione della pipì maschile, la lunghezza del suo getto, sono argomenti seri, che hanno fatto nascere rivalità , competizioni, invidie femminili (è la natura che discrimina la donna), barzellette, scene da film, sonetti, goliardate. E uno come Renzo Arbore, che è uomo d'onore, sostiene di avere massimo rispetto per la goliardia e il suo valore dissacrante nei confronti del potere. Sarà dunque da considerarsi una dissacrante goliardata, la pipì in compagnia dell'altra sera a Distraction su Italia 1, al cospetto del conduttore Enrico Papi? O solo l'ultima frontiera di una tv villana e disperata, che non fa ridere e che, se questo è un merito, ha il merito di continuare a sorprendere il pur smaliziato pubblico?
Distraction è un quiz che pone quesiti facilissimi, tipo chi è più grasso tra Stanlio e Ollio. La difficoltà sta in ciò che si deve fare per aggiudicarsi il diritto di rispondere: buttarsi le torte in faccia, rotolarsi nel fango, sedersi sui cactus. I partecipanti, d'altronde, sono cittadini italiani maggiorenni che accettano di mettersi alla prova in quel modo. Che cosa non si fa pur di andare in tv. Bene. Dai suoi concorrenti, tre maschi, l'altra sera Papi ha preteso che facessero, per l'appunto, la pipì. C'erano tre bei water, in cabine così simili a quelle che in altri tempi videro cimentarsi i campioni del Rischiatutto: i ragazzi, girati di spalle, dovevano centrare la tazza. Si aggiudicava il diritto di rispondere quello che la faceva più lunga, a lungo e mirata. E come riuscivano i simpatici giovanotti a mingere così, davanti alle telecamere, al pubblico in studio e a quello da casa? Ma erano stati ingozzati d'acqua: bevi bevi e che vinca il migliore.
Papi conferma il suo orgoglio trash: «Il trash ha tutta la dignità di un genere. Trash è una chiave di lettura della tv, il trash sta alla tv come l'avanspettacolo sta al teatro. Nella Pupa e il secchione mi sono ispirato alla commedia sexy Anni 70; in Distraction mi ispiro alle comiche. E' come un cartone animato». Ecco qua, abbiamo pure la teorizzazione della pipì in tv. Ora Papi può dire di aver superato Mammucari, che la scorsa stagione aveva fatto denudare i concorrenti in cabina: e, dovendo far ridere, non erano certo degli adoni, uomini e donne normalissimi, non quelli che di solito si spogliano in video. Poi Italia 1 aveva messo le pecette nere della censura proprio là , e proprio lì, sulle parti del corpo che, soprattutto se sgraziate, tanto fanno divertire i preadolescenti che sono tutti gli spettatori.
E gli ascolti dell'altra sera? Niente di che: 2 milioni 765 mila spettatori. La metà , per dire, di quello che sulla stessa rete fa il Dottor House, anche se non si vede mai mentre va al gabinetto. Papi ribadisce che la sua non è volgarità . Se altre trasmissioni riprendessero la scena della pipì, quella sì Io sarebbe: «Volgarità è togliere un'azione dal suo contesto per cercare ascolti a spese altrui». Forse c'è di peggio: l'esaltazione del consumismo, la spinta alla bulimia, all'anoressia, all' omicidio, all'uso dei guanti per far sparire le tracce: di qualunque cosa venga in mente, la tv è colpevole. Comodo capro espiatorio. Però: pisciare lungo o corto non è grave, è greve. Farlo in tv, un elettrodomestico che si pone come modello, è grave e greve. E non porta nemmeno ascolti.
Alessandra Comazzi
per "La Stampa"