News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: il manifesto
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Sky Italia
sabato, 23 agosto 2008 | Ore: 00:00

Francesco, sono tutti pazzi di voi: è così difficile fare fiction di qualità, in Italia?
Boris sembra un miraggio nel deserto... Beh, credo che il segreto sia avere dei bravi autori: se ne hai a disposizione, puoi lavorare bene e fere ottimi programmi. I nostri autori, Ciarrapico, Torre e Vendruscolo, sono geniali e, in più, hanno avuto l'idea di scrivere la storia adattandola agli attori scelti e non viceversa, cucendocela addosso come un cappotto su misura. Purtroppo, altre volte, ti ritrovi con autori che non sono in grado di scrivere nemmeno una lettera.
In effetti sembrate divertirvi un mondo. Con un improvvisatore come Guzzanti, però, non avrete imparato molte battute a memoria.
È vero, ma è molto interessante, stimolante, recitare con uno come lui, andargli dietro. Siamo diventati anche molto amici La vita sul set di Boris, poi, hai ragione, è divertente, ma ti garantisco che è un lavoro vero, faticoso. Anche perché, in quanto a budget, le televisioni satellitari non possono competere con quelle generaliste.
Fox era in trattative con Raitre per trasmettere la prima serie.
Sì, noi ne eravamo convinti, l'anno scorso, poi è caduto il governo e hanno tagliato i ponti...
Elezioni decisive, come nell'ultimo episodio di questa serie di Boris.
Sì, lì c'era un'allegoria bellissima... noi facciamo dell'ironia su noi stessi, è fantastico. Adesso sto girando alcuni episodi de I Cesaroni. Beh, le due troupe si riuniscono pei seguire Boris, perché si vedono «rappresentati». Ti garantisco che è tutto molto verosimile. Anzi, sui set accadono cose anche più assurde: come al solito, la realtà supera l'immaginazione.
Nonostante il successo, sieti sicuri di non rischiare la cancellazione?
Scherzi!? Alla Fox hanno finito lo champagne a forza di brindare. Facciamo 100 mila spettatori, che sono un trionfo per il satellite. Certo, se ne fai 2 milioni su Raiuno ti danne un calcio nel culo... In ogni caso mi sembra che le premesse per una terza stagione ci siano tutte. Purtroppo non decido io, ma sarebbe un peccato fermarsi. Comunque credo che si farà.
Passiamo al cinema grande schermo. Possibile che, come per la fiction, non ci sia spazio per film di qualità? Sarà un caso, ma una delle poche pellicole interessanti degli ultimi anni è Notturno Bus, un altro lavoro di cui sei protagonista. Cos'è sei tu a fare la differenza? Anche lì il budget non mi sembrava stratosferico.
Notturno bus lo abbiamo amato e ci siamo impegnata tantissimo. Sul set, c'era un'atmosfera alla Boris e, infatti, anche lì avevamo una bella sceneggiatura. Ma dev'essere la rete, il produttore, a puntare su un progetto nuovo, originale. E, poi, contano i numeri: chi crea la fiction decide cosa deve guardare la gente, ma poi dipende sempre dal successo che ottieni. E spesso lo ottieni facendo vedere sempre le solite cose. Adesso, con Sandro Silvestri, il produttore di Notturno Bus, faremo un altro film, tratto dallo splendido romanzo Scontro di civiltàper un ascensore in Piazza Vittorio di Lakhous Amara. Cominceremo le riprese dopo ferragosto.
So che ti piacerebbe interpretare una sorta di Forrest Gump italiano, attraverso il quale raccontare gli ultimi decenni della nostra storia. Tra l'altro, sarebbe perfetto per un episodio di cui tu fosti testimone: la strage di via Fani, nel marzo del '78.
Perché no? E partirei proprio da quegli anni. Sai, la genialità del film di Zemekis è questa: raccontare cinquant'anni di storia americana attraverso la vita di un uomo semplice, ingenuo, addirittura con un'intelligenza al di sotto della media. E fare la stessa cosa con la storia recente del nostro Paese sarebbe stupendo, ma rischieresti una scopiazzatura dell'originale, servirebbe un'idea più diversa, più italiana. Ma se po' fa... Se la critica ha definito Boris «un modello di riferimento se si vuole pensare in grande» è stato grazie alla bravura degli attori, all'originalità dei dialoghi, all'ironia di autori e interpreti.
Stefano Piazza
per "il manifesto"
(20/08/08)
per "il manifesto"
(20/08/08)