Ilaria D'Amico: ''Ho la voce da papera. Mi sono operata, ma m'è rimasta''
News inserita da: Giorgio Scorsone (Giosco)
Fonte: corriere.it
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Sky Italia
giovedì, 25 settembre 2008 | Ore: 00:00

Da bambina, febbroni su febbroni. Da adolescente avevo il raffreddore 11 mesi l’anno, sempre dietro con quegli spray vasocostrittori che, mi spiegarono in seguito, non fecero altro che aggravare il problema. Mi svegliavo con un cerchio alla testa, un perenne senso di pesantezza e le borse sotto gli occhi. Si aggiungevano le allergie: alle graminacee e alla polvere. I weekend via con gli amici? Un incubo. Se la casa dove alloggiavano non era pulita, c’era in agguato la crisi di asma. La notte, se avevo un principio di raffreddore, l’apnea notturna era la mia maledizione. Con la bocca aperta e con quel respiro pesante che si addicono più a un nonno che a una ventenne, svegliavo le amiche che dormivano con me per colpa di quei sussulti.
1998: iniziò l’avventura in tv. La prima diretta la feci col fazzoletto dietro la poltrona, perché appena non ero inquadrata dovevo asciugarmi la goccia che scendeva dal naso. E quando andavo in onda facevo gli scongiuri che non mi venisse da starnutire. Fu allora che mi decisi: otorinolaringoiatra, a noi. Per il medico che mi visitò tutto era chiaro. «Signorina, i suoi turbinati sono da buttare». Turbinati? «Sono quelle piccole lamine ossee che si trovano nelle fosse nasali», mi spiegò. «Le allergie e le infezioni ripetute hanno causato uno stato di infiammazione cronica che ha fatto gonfiare il volume della mucosa che li ricopre».
Soluzione per respirare bene di giorno e smettere di russare la notte? La chirurgia. Era il mio primo intervento. Il dottore chiarì che la turbinectomia parziale, l’eliminazione di un pezzo dei turbinati, era un’operazione di routine, un po’ come togliere le tonsille. Anestesia totale e un paio di giorni con i tamponi nel naso. Dopo una settimana mi sembrava di respirare come mai nella vita. Gridai di gioia, e anche la voce pareva cambiata. Ma fu solo un’impressione. Dopo nove mesi, i turbinati ripresero a gonfiarsi. E io a soffrire, sempre più depressa. Scoprii più tardi che può succedere, ma al momento fu dura da mandar giù. Ancora il fazzoletto in tasca, eh no! Poi, il lavoro sempre più impegnativo mi fece rimandare. Fino a quando, nel 2001, arrivai al limite. In trasmissione mi mancava il fiato, convivevo con la cefalea, mi veniva il mal di orecchie ogni volta che salivo su un aereo. Ricominciai il giro degli specialisti, ma tutti mi volevano operare di nuovo.
Finalmente ne trovai uno che non aveva alcuna intenzione di rimettermi sotto i ferri: «Quello che le serve è una bella cura che faccia regredire l’infiammazione». Gli diedi fiducia. Prima, un’iniezione di cortisone, potentissima, poi, per tre settimane, antinfiammatori e antistaminici combinati. Piano piano mi sembrò di rinascere. Di nuovo la cura dopo nove mesi e, seguendo le indicazioni del medico, ancora a intervalli prestabiliti. Il respiro affannoso 24 ore su 24? Oggi è sparito. Le notti a rigirarmi per non cadere in apnea nel letto? Dimenticate. È rimasta solo la voce nasale, ma quella ormai fa parte di me. Certo, devo essere costante nel seguire la cura, ed evitare gli strapazzi, altrimenti rischio di infiammare ancora i turbinati. Ma almeno ho smesso di meritarmi l’appellativo di «caciottevole»...