Oggi a Milano arriva Rupert Murdoch. E, pioggia permettendo, il Castello sforzesco si farà sfarzesco per accogliere i duecento e passa ospiti che gli stringeranno la mano. Anzi, le mani, perché il caso vuole che, cosa più unica che rara, ci siano anche i suo tre figli. Uno James, perché è il responsabile delle attività europee e asiatiche della News Corp.
Gli altri due, Lachlan e Elisabeth, per curare i propri affari visto che da tempo hanno separato le loro strade professionali da quelle paterne. Cena rigorosamente d'affari, niente ministri, pplitici, lobbisti del piccolo schermo. Spazio solo agli affezionati clienti di Sky Italia, con il Wall Street Journal la provincia del planetario impero che in questi tempi magri gli dà più soddisfazione. Siccome tra i clienti c'è anche Mediaset, si strologa su possibili incontri segreti se non con Lui, ovvero Berlusconi in persona che magari è impegnato con i ballottaggi elettorali, almeno con il plenipotenziario Confalonieri.
Del resto mai come in questo periodo i rapporti sono tesi, e per molti sarebbe d'uopo che i due grandi vecchi della televisione siparlassero prima che le scaramucce conflagrino in vera guerra. Ma, almeno ufficialmente, non sarà così, perché al convivio del Castello pre-senzierà Luigi Colombo, il direttore generale di Publitalia, manager di tutto rilievo ma che non appartiene alla triade di comando del gruppo come invece Giuliano Adreani, colui che per tradizione ha sempre partecipato all'happening murdocchiano.
Insomma, basso profilo, freddezza, clima da cortina di ferro che, dopo la Yalta televisiva che nel 2003 spartì le zone di influenza tra free e pay, oramai non resiste più in balìa com'è di continui sconfinamenti. Nulla di nuovo, si dirà, rispetto a relazioni che non sono più di buon vicinato, per non dire seriamente compromesse da quando lo scorso dicembre il governo ha raddoppiato l'Iva agli abbonati del satellite mandando storto l'umore dell'australiano.
Solo che, rispetto ad allora, la vicenda si è ulteriormente complicata e molte sono le novità. La prima, copyright Herald Tribune che ci ha scritto sopra una articolo, è che Berlusconi e Murdoch non se le mandano più a dire per bocca delle seconde linee dinastiche (Piersilvio versus James) e nemmeno dei sottoposti. Ma hanno cominciato a inanellare una disfida multipiattaforma - giornali, tivù, internet - dove se le suonano senza mediazioni di sorta.
Per amor di cronaca, tutto è partito agli inizi di giugno da un editoriale del Times che sin dal titolo "Cade la maschera del clown" calava l'accetta sulle femminili propensioni del presidente del Consiglio. Il quale ha risposto piccato denunciando dagli schermi di Canale 5 il complotto mediatico che il suo ex amico ora avversario alimenterebbe come ripicca per avergli aumentato le tasse. Carta contro carta, al Times ha poi riposto Il Giornale con una serie di articoli che giravano il coltello sulla contraddizione di un Murdoch, uomo fisiologicamente di destra, eletto dalla sinistra italica a icona del progressismo, nonché argine contro la barbarica invasione televisiva dell'arcinemico di Arc-re. L'ultimo, ancora ieri, sul fatto che il padrone di Fox avrebbe licenziato un suo cronista colpevole di aver criticato le smanie settario-religiose del duo amico Cruise-Travolta.
Seconda novità, l'invasività delle piattaforme, digitale terrestre contro satellite, che non consente più una pacifica convivenza. Così che la torta, da grande, si è improvvisamente ristretta costringendo i due rivali ad addentare la stessa fetta, quella delle tivù a pagamento, che prima era di sola pertinenza Sky. Con Mediaset che spinge sempre di più sui canali premium e la rivale sempre più vestita da tivù generalista, e soprattutto in cerca di veicolare la sua offerta su altre piattaforme. Di, qui la richiesta a Mediobanca di sondare il terreno per trovare sul mercato italiano un partner idoneo alla bisogna, dopo che ai tempi della gestione Tronchetti Provera il fondatore di News Corp aveva osato l'inosabile provandoci con la Telecom.
Infine, altro fronte che aggiunge complicazioni, i rapporti con la Rai il cui contratto per vedere sul satellite i suoi canali scade il 31 luglio. Le condizioni offerte da Sky per il rinnovo sono state rimandate al mittente, senza però individuarne di nuove su cui discutere. Forse il fatto che alla serata milanese intervenga il neo presidente della tivù pubblica è da interpretare come un segnale conciliante almeno rispetto alle bellicose intenzioni di voler creare, d'intesa con Mediaset, una propria piattaforma satellitare?
Al Castello per la verità è atteso un altro ospite chiave, quel Tarrak Ben Ammar che è in amicizia e in stretta relazione d'affari sia con Berlusconi che con Murdoch. Sulla loro rivalità il produttore tunisino ha sempre gettato acqua sul fuoco, sostenendo che i due sono troppo intelligenti per infilarsi in una guerra dove entrambi rischiano di farsi male. Ancora una volta, auspicio aspettative che siano, Tarak potrebbe risultare decisivo per ricreare, se non l'idillio di un tempo, almeno una compatibile convivenza. Se son fiorelli, fioriranno.
Paolo Madron
per "Il Sole 24 Ore"