Il grande rientro in scena a sorpresa del vecchio Leo Kirch ha scatenato media e mercati, è un evento inatteso. Quasi come il copione di un film, proprio per lui che vendendo film americani negli anni Cinquanta cominciò la sua carriera.
L'anziano imprenditore bavarese ha ormai ottantun anni suonati, secondo i giornali tedeschi soffre gravemente di diabete ed è mezzo cieco è risorto come una Fenice dalle ceneri.
Appena cinque anni fa il suo impero mediatico era stato travolto dalla più grande bancarotta della storia dell'economia postbellica tedesca, un fallimento da oltre 6 miliardi di euro. Tutti lo davano per spacciato, tutti lo avevano cancellato per sempre dalle agende e dai ricordi, nessuno voleva più sentirlo o incontrarlo. E invece rieccolo alla grande.
La sorpresa è venuta all'inizio della settimana scorsa. Leo Kirch e la sua azienda Sirius sono riusciti ad aggiudicarsi i diritti esclusivi delle dirette delle partite di calcio tedesche dal 2009 al 2012. Solo a lui, al vecchio cui fino a ieri tutti voltavano le spalle sdegnosi, dovranno rivolgersi tv pubbliche, network privati e media elettronici, per i diritti di ritrasmissione. Un colpo grosso, anche in vista dei prossimi europei di calcio e, chi sa, dei prossimi mondiali. Kirch si è impegnato con la Deutsche FussballLiga (Dfl) a rivendere e diffondere i diritti col massimo impegno, e a versare alla Dfl 500 milioni di euro per ogni campionato.
Cioè ben 60 milioni in più di quanto con la vendita dei copyright sulle dirette il calcio aveva guadagnato qui fino ad ora.
Nessuno se lo aspettava. O quasi. Da quando la bancarotta aveva fatto a pezzi il suo impero delle tv private e dell'editoria, il vecchio Kirsch era rimasto riservato, schivo e lontano dalla ribalta dei media come sempre. Ma ogni giorno, scendendo dalla nera limousine a 12 cilindri e salutando cortese l'autista, arrivava di buon mattino al suo ufficio alla Sirius, al numero 15 della KardinalFaulhaberStrasse, nell'elegante centro di Monaco.
Ogni giorno si riuniva per ore con il fido Dieter Hahn, che avendo solo 46 anni è considerato dal patriarca come un figlio adottivo. Prepara solo vendette per via legale contro la Deutsche Bank e gli altri grandi istituti di credito privati, dicevano i più. Vuole una rivincita contro le grandi banche d'affari che nel 2002, negandogli ulteriori crediti e bocciando senza appello il suo rating, avevano condannato il suo impero. Invece non era così.
Ha voluto ricominciare per tigna, il vecchio imprenditore nato ottantuno anni fa, figlio di un modesto artigiano e di una casalinga, nella piccola città di Volkach in Franconia, la tranquilla Baviera del nord dove oggi fabbriche di auto e computer e aziende it spuntano come funghi ovunque, eppure nell'intimo delle famiglie e delle comunità il tempo, all'ombra dei tetti spioventi e dei campanili, sembra quasi essersi fermato. Il suo grande ritorno sembra quasi una trama da happy end. Fin nei dettagli.
Si chiamava infatti Sirius, come quella di oggi, anche la prima azienda che nel 1955 Leo Kirch fondò non ancora trentenne, nella Monaco dei ruggenti anni Cinquanta. Era il tempo del boom: guidata dal fondatore della democrazia, il cancelliere democristiano Konrad Adenauer, e dal suo potentissimo ministro dell'Economia, Ludwig Erhard, la Repubblica Federale aveva trasformato la ricostruzione dalle ceneri del disastro hitleriano in decollo economico. Una storia di successo senza precedenti in Europa, in cui l'allora giovane Kirch seppe diventare protagonista precoce. Aprivano nuovi cinema, la gente riscopriva la voglia di consumare, divertirsi, godersi il mondo dello spettacolo.
E dall'America arrivò presto la televisione. Lui con la prima Sirius si seppe accaparrare i diritti esclusivi delle produzioni cinematografiche americane, e poi dei telefilm per il nuovo mondo nascente del piccolo schermo domestico.
La sua ascesa cominciò così, in quella Germania che sembrava essersi tutta rimboccata le maniche per sgobbare e vincere la pace, non più le guerre. Sempre taciturno e schivo, sempre diffidente verso i media e la dimensione pubblica della vita, Leo Kirch fondò pezzo dopo pezzo il suo impero. Vennero gli anni Ottanta, l'alba delle tv private in Germania. E lui creò un colosso. Diventò il Citizen Kane tedesco, un personaggio simile al protagonista di `Quarto potere' di Orson Welles. All'apice del cancellierato di Helmut Kohl, il padre della riunificazione e la figura decisiva dell'unità europea, Kirch aveva in pugno il secondo network tv privato tedesco dopo Rtl. Possedeva le reti Pro Sieben e Sat Eins, network minori, il canale pay tv sportivo Premiere. E aveva in pugno anche il 40 per cento del pacchetto azionario di Axel Springer Verlag, la grande editoriale conservatrice tedesca. Più la metà dei diritti della Formula Uno, più diritti e partecipazioni ovunque nel cinema e nelle produzioni tv.
Amante dell'arte, fedele al buon vecchio stile inglese tutto tweed e prince of Wales nel vestire, appassionato di musica classica, fervente cattolico da buon bavarese e arciconservatore senza compromessi, Kirch non concedeva quasi mai interviste.
Intanto rafforzava il suo ruolo nella Germania tornata unita, giorno dopo giorno. A Kohl era legato a filo doppio: appoggiare il Cancelliere era la sua consegna. A tratti il conservatorismo illuminato del padre della riunificazione non gli bastava nemmeno.
Una volta volle imporre le dimissioni del direttore della Welt, il quotidiano conservatore di qualità del gruppo Springer, reo ai suoi occhi di aver assunto posizioni troppo liberali. Su una questione che gli stava a cuore: lo scontro politico in Baviera e nel resto della Germania sul tema, se fosse giusto o no affiggere il Crocifisso nelle aule scolastiche.
Si fece molti nemici, il "Leone bavarese". La stampa di sinistra, con in testa la Tageszeitung (l'iconoclasta quotidiano alternativoradicale di Berlino Ovest) cominciò a chiamarlo "Ungeheuer", mostro. Ma i nemici non erano solo a sinistra. Anche la signora Friede Springer, vedova del grande Axel fondatore del gruppo e numero uno dell'editoriale, cominciò a dare segnali sempre più forti di insofferenza. Lei che governava l'editoriale conservatrice e filodemocristiana da Berlino non ne poteva più di sentire se stessa e l'azienda condizionate da quel vecchio nella lontana Monaco.
Passarono gli anni, cambiarono i governi. Kohl perse le elezioni, i rossoverdi di Schroeder e Fischer vennero al potere nel 1998. Ci sarebbero rimasti fino al 2005. Kirch perse una sponda. E la CduCsu, investita dallo scandalo delle tangenti del suo patriarca ed ex cancelliere, divisa se accettare la nuova leader moralizzatrice Angela Merkel o no, aveva altro da pensare che non ai destini dell'amico magnate dei media. Un amico sempre più nei guai.
Perché Kirch, spiegano concordi i colleghi dello Spiegel e della Frankfurter Allgemeine, ha sempre usato il denaro ma senza badarci e senza vederci un fine. Alla fine, a furia di rilevare tv, testate, aziende editoriali in tutta Europa, si era indebitato troppo. Passata la soglia dei 5 miliardi, le grandi banche, Deutsche in testa, presero a trattarlo da insolvente. E lui fu costretto a depositare i libri contabili, a gettare la spugna.
E' finito, non risorgerà mai più, giurarono tutti. Aveva rischiato troppo, tutti lo consideravano bruciato per sempre, nessuno voleva più scottarsi con un contatto con lui. E tutti davano per certo che lui avrebbe passato l'autunno della vita nel privato e nei rimpianti. Lo hanno sottovalutato. Per anni ha lavorato al suo ritorno, per anni lui e il fido Dieter Hahn si sono tenuti a galla con affari immobiliari, settore in cui il vecchio patriarca aveva avuto l'accortezza d'investire per riserva. Adesso tutti devono rassegnarsi ad accettarlo di nuovo nel salotto buono del potere.
Adesso i grandi dello sport, della tv, dei media elettronici, dovranno bussare alla sua porta al numero 15 di KardinalFaulhaberStrasse per i copyrights sulle dirette delle partite, quell'elemento insostituibile in ogni palinsesto se si vuole unâaudience rispettabile. E pazienza se la potente, popolarissima cancelliera venuta dall'Est, Angela Merkel, non ha bisogno del suo appoggio.
L'obiettivo della vita non è il denaro, disse Kirch anni e anni or sono in una rara intervista allo Spiegel. Era sincero, visto che ne spese e ne sprecò tanto da finire come massimo bancarottiere della Bundesrepublik. Giocatore d'azzardo, uomo di trame e contatti oscuri, imprenditore visionario, camaleonte. I giudizi duri piovono sulla sua testa da decenni, lui resiste e resta come il cinese del proverbio, che sulla riva del fiume aspetta di veder passare il cadavere del nemico.
Forse ha ricordato l'insegnamento che fu di Kohl: aussitzen, cioè sedersi, riflettere e aspettare, come faceva il vecchio ex cancelliere in ogni tempesta politica, quando era al potere. O forse ha voluto solo prendersi una testarda soddisfazione: quella di mostrare alla Germania e al mondo che la sua convinzione antica non era sbagliata. La convinzione che nel mondo dei media, anche oggi nell'èra elettronica e digitale, "le vecchie idee non erano poi così cattive". Anche per il fido autista della nera limousine 12 cilindri non è tempo di riposo.
Andrea Tarquini
per "Repubblica Affari e Finanza"