
«à stato un annus horribilis se penso al dolore collettivo suscitato dall'uccisione dell'ispettore Raciti e da quella di Gabriele Sandri, sia pure in situazioni molto diverse. Un anno di fortissime tensioni, in conseguenza dell'entrata in vigore del decreto Amato, con molti presidenti decisi alla serrata, alla quale mi sono opposto con fermezza. Un anno da ricordare, perché, attraverso la legge Melandri, è stato siglato fra le società un accordo sui diritti tv che non è esagerato definire epocale. Il pericolo adesso è quello di non capire che siamo solo all'alba di una nuova epoca e che dobbiamo creare tutti insieme una Lega diversa, capace di guardare avanti e pensare in grande. C'è tutto un futuro da costruire».
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Che Lega immagina per il futuro?
«Una Lega nella quale il presidente e il direttore generale siano importanti, ma non fondamentali, una struttura che sappia andare avanti con le proprie gambe. Dovremo lavorare molto per rinnovarci. Quella che c'è lavora e funziona, ma è ancora una Lega antica, che va sviluppata».
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Nel 2007 ha dovuto superare anche la mozione di sfiducia presentata da un gruppo di presidenti di serie B...
«Un altro al mio posto se ne sarebbe andato, anche prima del voto. E sono stato tentato di andarmene anch'io. Mi ha aiutato l'esperienza. Conosco questi presidenti e ho capito che la loro era una mossa dettata solo dall'emotività . Ho superato il momento di amarezza e ho voltato pagina. Se me ne fossi andato, sarebbe stato un guaio per loro».
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Il primo obiettivo del 2008 è trovare l'accordo-ponte sulla distribuzione dei ricavi legati ai diritti tv fino al 2010, quando entrerà in vigore la legge Melandri e la nuova ripartizione fra i club. Sarà dura?
«Ci aspetta un altro momento molto delicato e la Lega dovrà prepararsi a sopportare un'altra scossa. L'accordo in vigore dal 2010 ci consente di non muoverci al buio. Spero che questo aiuti a trovare una buona intesa, sapendo che si va incontro ad una nuova era/nella quale i club non dovranno più cercare l'acqua nel deserto perché la troveranno alla fonte e perché la distanza fra gli introiti delle società e quelli dei club medio-piccoli si andrà restringendo. Non parleranno tutti perfettamente la stessa lingua, ma tutti riusciranno a capirsi».
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Il secondo problema del 2008 sarà la vendita dei diritti collettivi, visto che il contratto con Mediaset scade il 30 giugno. Chi compra? E che cosa si compra?
«Mediaset ha lasciato capire che non intende rinnovare il contratto; d'altronde, la vendita di questi diritti è fondamentale, perché ci consente di aiutare in maniera consistente anche la B. Vediamo in che misura saranno interessate Rai e Sky. Prepariamoci però a modificare il format di questi anni, con i due anticipi del sabato e un posticipo alla domenica. Dovremo creare più finestre fra sabato e domenica, con partite in orari diversi. L'esempio può essere quello inglese, anche se resta un argomento di grande preoccupazione. E poi dovremo lavorare perché non succeda mai più che la B resti al buio».
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Si configura un 2008 con impegni durissimi. Ce la farete?
«Dobbiamo farcela, altrimenti non si arriva al 2010. Ci aspetta un anno di lavoro molto pesante, per dare un seguito a quanto è stato compiuto nel 2007».
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La conflittualità in Lega è sempre alta...
«No. C'è più maturità . E un segnale di solidarietà di enorme significato il fatto che i consiglieri di Lega di A abbiano deciso di destinare alle società di B con i settori giovanili attivi i contributi Uefa di loro pertinenza».
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Non è venuto il momento di ridurre il numero delle squadre in A e B?
«Bisogna mettersi tutti intorno a un tavolo, Federcalcio, Leghe, calciatori, allenatori e televisioni per capire se esistono la volontà e la possibilità di fare questa rivoluzione, coinvolgendo anche Fifa e Uefa».
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Continuano gli interrogatori dei nuovi intercettati di Calciopoli. Nel suo discorso di Natale, è sembrato troppo morbido...
«Impressione sbagliata, tant'è che qualcuno mi ha accusato di essere stato troppo duro. Ribadisco: via le mele marce. Non capisco perché dobbiamo ancora sporcarci con questi personaggi. Moggi è un uomo disperato e lo si vede dal tipo di rapporto che cerca di costruire e chi tratta con lui è ancora più disperato. Siamo al minimo. Ora basta».
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Vincere l'Europeo può servire?
«Vincere diventa importante se non sarà soltanto un fatto di campo, ma se riuscirà a trasformarsi in un successo globale. Non si ritira la coppa con il vestito sporco. Serve una purificazione globale. O ne abbiamo la forza oppure è meglio continuare a soffrire».
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Fabio Monti
per "Il Corriere della Sera"
per "Il Corriere della Sera"