«Quando in Parlamento si suona un motivetto, in Rai si balla». L'adagio popolare che viene sussurrato ai piani alti di viale Mazzini la dice lunga sulla situazione dell'azienda pubblica radiotelevisiva. Prima il caso delle intercettazioni che ha coinvolto Agostino Sacca (amministratore delegato di Rai Fiction autosospeso), poi il reintegro, da parte del Consiglio di Stato del consigliere (ex quota Tesoro) Carlo Maria Petroni, defenestrato dal ministro Tommaso Padoa-Schioppa e rimesso sulla poltrona di consigliere dai magistrati. La Rai spesso anticipa gli umori della politica e quello che avviene nel "laboratorio sperimentale" di viale Mazzini dopo qualche mese si ripete a Montecitorio e dintorni.
La Rai si affaccia al prossimo triennio con un piano di riduzione dei costi da far girare la testa. Per evitare di approdare al 2010 con 494 milioni di disavanzo bisognerà far lavorare la scure. Il personale (almeno 1098 prepensionamenti entro fine 2009) rappresenta solo una voce di costo, ma ci sono altri rubinetti da chiudere. Uno su tutti quello di Rai Cinema.
La società controllata dalla holding Rai - messa in piedi nel 2000- spende ogni anno circa 250 milioni di euro per acquistare e realizzare pellicole (italiane ed europee) per rimpinguare il magazzino film.
C'è chi in vista del consiglio - si è preso la briga di calcolare il budget messo a disposizione da Mamma Rai a Rai Cinema. Ne salta fuori che negli ultimi sette anni la società incaricata delle acquisizioni cinematografiche ha speso qualcosa come 2 miliardi di euro (tradotto: circa 4mila miliardi di vecchie lire) per poter produrre, cooprodurre e trasmettere (ma non su internet, né per Rai International) pellicole e film. Che Rai Cinema non goda di grande fortuna è risaputo.
Il 1 febbraio 2007 l'ex direttore generale di questa struttura dal portafoglio gonfio, Carlo Macchitella, dopo una bruttastoria di conti cifrati e versamenti estero su estero ha dovuto abbandonare la poltrona dando le dimissioni.
L'allora potente amministratore delegato di Rai Cinema, Giancarlo Leone (figlio dell'ex presidente della Repubblica), in uno dei tanti delicati giri di poltrone ha abbandonato (almeno ufficialmente) questa poltrona per passare a quella ben più importante di vicedirettore generale.
Resta il fatto che lo stesso Leone, nell'audizione in commissione di vigilanza Bai (20 febbraio 2007) ammetteva che in alcuni casi i film prodotti rappresentavano «un insuccesso» in termini commerciali. Vale a dire chetai Cinema - sulle oltre 650 richieste di produzione che giungevano - ne finanziava solo «10,15 o 25». Peccato però che aparte pochi grandi successi commerciali, Rai Cinema abbia inanellato produzioni a dir poco non redditizie.
A dir il vero Rai Cinema è obbligata - in virtù del Contratto di servizio pubblico - a spendere ogni anno circa 50 milioni di euro per la produzione di pellicole che altrimenti non troverebbero sul mercato commerciale i finanziamenti necessari per vedere laluce. Ma come si sostiene economicamente Rai Cinema? Quando venne costituita - e affidata alla gestione Leone - fu deciso che la holding avrebbe stanziato un budget da spendere, poi il management della controllata avrebbe deciso cosa, a che prezzo e dove comprare sul mercato nazionale ed internazionale. Peccato che il meccanismo ribattezzato dai direttori di rete "vai e compra" non può funzionare su una tv generalista.
I grandi broadcaster europei hanno stabilito, da molto tempo, che il film è un prodotto più adatto alla pay-tv che alla tv generalista, come dimostrano i bassi ascolti registrati da grandi film acquistati a caro prezzo per la programmazione in prima serata. Ma non basta.
C'è anche chi ha provato a contabilizzare il valore del magazzino Rai Nel 2001 il sanguigno Sacca aveva avviato un'analisi del magazzino non dal punto di vista cinematografico riportato sulla scheda di acquisto, ma sul potenziale utilizzazione per le reti.
In sostanza bisognava valutare ogni singola pellicola in magazzino dal punto di vista commerciale e non dichiarato dal venditore.Addirittura un paio di consiglieri di amministrazione perorarono la causa di contabilizzare il valore effettivo del magazzino anche in CdA.
L'analisi casareccia condotta dagli uomini di Sacca aveva fatto emergere che c'erano in "cassaforte" pochi film adatti a Rai Uno, qualche centinaia per Rai Due e migliaia adatti solo alla terza serata di Bai Tre, con un eccesso di film vietoaminiti e del sudest asiatico. Poi, però, l'ipotesi di condurre una due-diligence sul valore del magazzino - e sulla spendibilità dei prodotti acquisiti rispetto alle reti possedute - è definitivamente tramontata. Di più.
La precedente gestione di Flavio Cattaneo, oggi amministratore delegato di Terna, ha portato da 3 a 5 anni i criteri di ammortamento, di fatto prolungando virtualmente il valore in bilancio del magazzino. Ma si tratta, per l'appunto, di un valore virtuale mai verificato da un ente terzo. Se il valore reale di mercato non fosse quello dichiarato nel bilancio di Rai Cinema si aprirebbe una voragine che, a cascata, si ripercuoterebbe sui conti della holding di controllo.
Quei due miliardi complessivi di spesa, infatti, non corrisponderebbero ad un effettivo valore di magazzino. Se un'inchiesta approfondita venisse condotta sui bilanci della società cinematografica della Rai si scoprirebbe, ad esempio, che ciò che è stato acquistato l'anno prima a valore nominale 100 viene abbattuto solo l'anno successivo di circa il 50%. Proprio un bell'affare...
Antonio Castro
per "Libero Mercato"
(08/01/08)