Paralisi Sanremo, tra i conduttori Bonolis il favorito, ma spunta Conti
News inserita da: Simone Rossi (Satred)
Fonte: La Stampa
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Televisione
domenica, 29 giugno 2008 | Ore: 00:00

La Rai si trova nell’ennesima bufera, il direttore generale Cappon è a fine mandato, il direttore di Raiuno Del Noce tiene le valigie sull’uscio da mesi; far musica in tivù è sempre più difficile, i conduttori hanno caratterini spinosi e gli investitori pubblicitari vogliono ascolti, per continuare a mettere qualcosa come 500 mila euro su ogni spot. Il Comune di Sanremo ha per parte sua una risicata maggioranza di 16 (sinistra) a 15 (destra), i consigli comunali saltano continuamente. Con quelle proporzioni lì, la situazione è ingovernabile, mica accade soltanto alla Rai. L’altra sera il Comune doveva scegliere la delegazione da mandare a Roma a discutere, ma la riunione è saltata. Se ne riparlerà a settembre. Del Noce avrebbe avuto fretta di chiudere, ma si è trovato nell’impossibilità materiale per farlo.
Posizioni inconciliabili: cinque serate di Festival sono troppe. Non le regge una qualunque impostazione artistica; non le regge il pubblico, che infatti cambia canale. La «messa cantata» di Baudo ha fatto il suo tempo, osteggiata dalla controprogrammazione, dalle reti a pagamento, da Internet e dalla gente che s’è stufata. La Rai ha capito finalmente che è indispensabile condensare. Non tanto per lo spettatore, quanto per l’investitore. Solo che il Comune non ci sta: le 5 serate non sono in discussione, dicono da Sanremo. Inoltre, chiederanno più soldi (ora ricevono 8,3 milioni annui più Iva e rivalutazione Istat); più pubblicità per i fiori, il Casinò e Sanremo Lab, l’Accademia della canzone. Ancora: non tutti i conduttori, spesso pure direttori artistici, accettano di interrompere il programma con i fiori e i cotillons: e allora Sanremo chiede un «garante» che vigili sulla effettiva promozione. Si è mai pensato di andare a Mediaset? Mai pensato. E d’altronde, Mediaset nemmeno lo vorrebbe, il Festival. Così pare.
A questo punto la Rai dovrebbe drizzare la schiena, tenere duro sulle tre serate, che le consentono un prodotto artistico sicuramente migliore. Magari barattando le altre due con una manciata di trasmissioni durante l’anno come Ti lascio una canzone della Clerici, che è andato benissimo. Ma basta con cinque appuntamenti: Rai, fai qualcosa di televisivamente corretto.
Alessandra Comazzi
per "La Stampa"