Incomplete le risposte del governo italiano ai 20 quesiti Ue sulla tv
News inserita da: Simone Rossi (Satred)
Fonte: Apcom

"Le informazioni che abbiamo ricevuto sono incomplete, mancano ancora le risposte a una parte dei 20 quesiti. Non possiamo ancora dire - ha affermato Todd - se con la nuova legislazione si pone rimedio alle violazioni alla normativa comunitaria" che erano state riscontrate nella Legge Gasparri. "Attendiamo, dunque, dal governo italiano le informazioni mancanti", ha concluso il portavoce. In mancanza di spiegazioni soddisfacenti, alla Commissione non resterebbe che deferire l'Italia in Corte di Giustizia, visto che la procedura d'infrazione è ferma al secondo stadio (il "parere motivato") dal 18 luglio 2007.
Nei venti quesiti della Kroes al governo si chiedeva di chiarire quale sia l'attuale distribuzione delle frequenze nel settore delle emittenti Tv in Italia, quale sarà la situazione dopo il passaggio al digitale terrestre, e se sia sufficiente l'obbligo, per Rai e Mediaset, di lasciare libero il 40% della capacità trasmissiva ad altri operatori, per evitare che il duopolio Rai-Mediaset finora esistente nell'analogico si riproduca anche nel digitale terrestre.
La Commissione voleva anche sapere come e quando l'Italia "porrà fine" alla situazione anomala di una rete Tv (Rete4) che, sebbene priva della concessione, è stata autorizzata a continuare a a trasmettere.
Con un chiaro riferimento a Rete4, l'Antitrust comunitario chiedeva "informazioni sulle emittenti nazionali 'legittimamente operanti ai sensi della normativa vigente', e che non si sono classificate in posizione utile nella graduatoria per l'attribuzione di concessioni per la radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri in ambito nazionale, sancita con il decreto ministeriale del 28 luglio 1999.
"Oltre ad identificare tali emittenti - si leggeva nel quesito n.5 -, si prega di fornire chiarimenti sul titolo normativo che consente loro di continuare le trasmissioni di radiodiffusione televisiva analogica".
Le domande di Bruxelles diventavano ancora più stringenti al punto successivo: "Qualora si dovesse ritenere che sia ancora in vigore l'autorizzazione a proseguire le trasmissioni in tecnica analogica per gli operatori che non sono titolari di una concessione analogica (ossia Rete4, ndr), si prega di indicare - si leggeva nel quesito n. 6 - quali eventuali misure le autorità italiane intendono adottare per porre fine a tale autorizzazione".
I venti quesiti sono stati inviati a Roma a seguito a un incontro avvenuto il 18 giugno a Bruxelles fra emissari del governo italiano e funzionari dei servizi della Concorrenza della Commissione, e riguardano in particolare gli effetti della legge 201 del 6 giugno scorso (lungamente oggetto di polemiche durante il dibattito parlamentare per l'approvazione, a causa dell'emendamento detto 'salva Rete4') sull'attuale regolamentazione del sistema radiotelevisivo nazionale. L'Italia aveva tempo fino al 27 giugno per rispondere.
La procedura d'infrazione nei confronti della Legge Gasparri era stata aperta dall'Esecutivo comunitario il 25 luglio del 2006, con l'accusa allo Stato italiano di aver introdotto "restrizioni ingiustificate alla prestazione di servizi di radiotelediffusione" e di attribuire "vantaggi agli operatori analogici esistenti".
Di fronte all'insoddisfacente risposta italiana, il 18 luglio 2007 la Commissione aveva emesso un 'parere motivato', secondo stadio della procedura d'infrazione. In teoria l'Italia aveva due mesi per rispondere, ma Bruxelles ha fermato l'orologio, in attesa delle modifiche del regime radiotelevisivo che dovevano essere introdotte con la Legge Gentiloni, e successivamente, dopo le elezioni, per dare il tempo al nuovo governo e al nuovo Parlamento di occuparsi della vicenda. Così è passato un anno.
Ora, prima di giungere al deferimento in Corte di Giustizia, il commissario europeo alla Concorrenza, Neelie Kroes, e i suoi servizi vogliono capire la portata delle modifiche introdotte alla Legge Gasparri con le misure legislative approvate il 6 giugno scorso dalla nuova maggioranza. Bruxelles sospetta fortemente che, nonostante le modifiche, il passaggio al digitale possa perpetrare anche in futuro l'attuale duopolio Rai-Mediaset, e chiudere ancora di più le possibilità di accesso al mercato di eventuali nuovi operatori, invece di liberare margini e frequenze per favorirne l'arrivo.
Intanto, il 31 gennaio scorso la Corte europea di Giustizia ha emesso una sentenza sulla vicenda Europa7 in cui si sostengono le ragioni dell'emittente di Francesco di Stefano (che aveva vinto una concessione ma a cui non sono mai state assegnate le frequenze analogiche per trasmettere) e si condanna il regime italiano di assegnazione delle frequenze televisive, perché, afferma la sentenza, "non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati".
Uno dei 20 quesiti della Commissione, il n.18, si riferisce esplicitamente alla necessità di dare esecuzione a questo verdetto. L'Esecutivo Ue chiedeva precisamente "come intendono le autorità italiane ottemperare alla sentenza della Corte di Giustizia del 31 gennaio 2008 (causa C-380/05)", ovvero evitare l'adozione di norme che perpetuino l'attuale situazione, in cui "un operatore titolare di una concessione (Europa7, ndr) si trovi nell'impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati".
Se il governo non risponderà in modo soddisfacente, la Commissione potrà iniziare una nuova procedura d'infrazione per inadempimento, e chiedere alla Corte, in caso di seconda condanna, di infliggere delle multe giornaliere all'Italia fino a quando non si sarà messa in regola.