News inserita da: Simone Rossi (Satred)
Fonte: Italia Oggi

La legge comunitaria di quest'anno ha previsto il recepimento della direttiva, ma in Italia il dibattito è ancora inesistente. Di questo si è discusso ieri a Roma durante un convegno organizzato in occasione del Roma-Fiction Fest, in collaborazione con CimsComunicazioni.
«Nel settore dell'audiovisivo», ha affermato Gianni De Michelis, relatore al Parlamento europeo della direttiva, «l'Italia in questi anni è andata con il passo del gambero. Il rischio è che tra pochi anni l'industria statunitense, cinese ed indiana invaderanno l'Europa anche in questo settore. La direttiva in parte è incompleta, ma si completerà con le regole che dovranno essere adottate dalle singole legislazioni dei paesi membri. Non si tratta però di applicare regole astratte. In questo paese sono stati già fatti troppi errori».
L'iniziativa, denominata «i2020», voluta dalla Commissione europea distingue prima di tutto tra audiovisivi lineari (basati su un palinsesto predefinito) e non lineare (on demand). La direttiva prevede che i broa-dcaster debbano destinare almeno il 10% del loro tempo di trasmissione o in alternativa il 10% dei loro budget, alle produzioni europee.
Per quanto attiene la pubblicità viene abolito il limite giornaliero del 20% e viene inserito un limite orario del 20% per spot pubblicitari e televendite. Punto importante, molto atteso dai produttori e dagli investitori, è quello che riconosce ai prodotti televisivi la possibilità di avvalersi del product placement (cosa attualmente prevista in Italia solo per il cinema).
«Su questa nuova direttiva», ha esordito il commissario dell'Agcom, Stefano Mannoni, «in Italia è calato il silenzio assoluto. Noi ci troviamo davanti a più piattaforme in competizione tra loro per la conquista dello stesso pubblico. Il product placement, per esempio, deve avere la massima espansione possibile. C'è poi la valorizzazione della autoregolamentazione della coregolamentazione, che lascia intravedere vantaggi straordinari».
Per il direttore delle relazioni istituzionali Italia di Mediaset e presidente di DGTVi, Andrea Ambrogetti, «la direttiva introduce una visione diversa. Tra produttori e broadcaster si faccia unconfronto serio e una selezione di temi, come il produci placement, cne possono essere gestiti insieme. E giunto anche il momento di creare, insieme anche alla Rai e gli altri player dell'industria dell'audiovisivo, una società che rappresenti in Europa e all'estero il prodotto italiano».
Sull'affollamento pubblicitario il responsabile regolamentazione di Telecom Italia Media, Piero De Chiara sostiene che bisogna «sfruttare l'occasione che la direttiva offre. Negli altri paesi europei ci sono almeno due privati profittevoli. In Italia, invece, la legge attuale non ha consentito la possibilità di business da parte di un secondo privato». De Chiara, quindi, auspica l'ingresso del product placement nella programmazione televisiva, che «è anche un'ottima forma di difesa per i prodotti italiani».
Per Pierluigi Malesani, presidente della Newco Rai International, «la direttiva è un'opportunità anche per il servizio pubblico, anche se il tema delle risorse è fondamentale, e per la Rai vuol dire lotta all'evasione dal pagamento del canone». Allarme invece dai produttori indipendenti: sia Roberto Levi, vicepresidente del Cepi, che Enrico Fabrizi, dell'Apt, due delle associazioni di categoria, deve essere rimesso in discussione il meccanismo con il quale i broadcaster oggi gestiscono la partita dei diritti di sfruttamento delle nuove produzioni, che rischia di danneggiare l'Italia sul mercato Ue e mondiale.
Antonio Ranalli
per "Italia Oggi"
(09-07-08)