Cassazione di Parigi, ai concorrenti dei reality contratto da lavoratori
News inserita da: Simone Rossi (Satred)
Fonte: Il Corriere della Sera
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Televisione
sabato, 06 giugno 2009 | Ore: 00:00
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Perché partecipare a un reality show in Francia è da considerarsi un vero lavoro regolato da un contratto a tempo indeterminato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione di Parigi regolamentando così per la prima volta lo statuto dei candidati di questo tipo di trasmissioni.
In Italia la decisione suscita almeno stupore. Paolo Bassetti, presidente e amministratore delegato di Endemol Italia (la società che produce, su tutti, il Grande Fratello) è sconcertato: «La trovo un'assurdità — commenta —. Se in Italia venisse introdotta una legge del genere non faremmo più i reality. Se una società come la nostra dovesse assumere ogni volta venti persone per fare un programma... non esiste. Ma non credo che in Italia verrà mai approvata una legge di questo tipo».
In Francia sì, invece. Le diatribe non sono sufficienti, i concorrenti dei reality francesi da tempo si battono per veder riconosciuto il loro diritto a essere considerati come dipendenti delle società di produzione. Si sono infatti moltiplicate le rivendicazioni da parte di ex partecipanti (circa un centinaio) che hanno reclamato in tribunale un vero contratto di lavoro e un vero sìtatuto di dipendenti.
Il caso su cui ha deliberato la Cassazione francese è quello degli ex partecipanti a L'Ile de la Tentation —versione francese di Temptation Island, il reality dove coppie non ancora sposate vanno in una località esotica per mettere alla prova il loro rapporto, «insidiati» da un nugolo di single — in onda su Tu: una decisione della Corte d'appello di Parigi nel febbraio 2008 aveva stabilito che i partecipanti che avevano fatto causa avevano effettivamente svolto «un lavoro» (il cachet era di 1500 euro).
La società di produzione del reality, Glem, una filiale di Tf1, ha quindi portato il caso in Cassazione. Ma i giudici hanno sostenuto le conclusioni a cui era giunta la Corte di appello: «L'esistenza di un rapporto di lavoro non dipende né dalla volontà espressa dalle parti, né dalla denominazione che hanno dato al loro accordo, ma dalle condizioni di fatto nelle quali è esercitata l'attività di lavoratore», ha spiegato ieri la Corte Suprema nella sua sentenza. La prestazione dei partecipanti ai reality, che consiste «nel prendere parte ad attività imposte e nell'esprimere le impressioni che ne derivano», oltre ad essere a disposizione in permanenza senza avere contatti con l'esterno, «si distingue solo per la registrazione della vita quotidiana».
Determinante per la Corte di Cassazione è «il legame di subordinazione», tra il datore di lavoro e il partecipante, indipendentemente dal fatto che l'attività sia o meno ludica.
Esulta uno degli avvocati dei partecipanti, Jeremie Assous: «Le società di produzione non potranno più disporre degli individui come hanno fatto da anni, 24 ore su 24, facendo loro fare quello che vogliono». «Questa decisione stabilisce una modificazione necessaria di quello che è oggi un reality», ha osservato il collega Patrice Spinosi. Per Edouard Boccon-Gibod, presidente di Tf1 production «è uno sconvolgimento per tutta la produzione audiovisiva: la decisione della Cassazione va oltre i reality».
Renato Franco
per "Il Corriere della Sera"
per "Il Corriere della Sera"
(04/06/09)