«Faremo una denuncia all’Antitrust. Il problema è che alla fine le denunce non portano a molto. E questo per un semplice fatto: che le emittenti, anche in caso di sanzione da parte dell’Autorità garante della concorrenza fanno ricorso al Tar e poi trattano. E’ così i quiz ingannevoli non muoiono mai: la sanzione alla fine è inferiore agli introiti. Ci vorrebbe un’azione forte perché non se ne può più. A proposito, ne ho appena visto uno in televisione....».
Roberto Nardo, presidente di Adiconsum Padova, una delle principali associazioni dei consumatori, non ha dubbi. Di fronte alla diffusione televisiva di quiz in odore di inganno, come riportato ieri da un servizio del Corriere del Veneto, ha deciso di prendere carta e penna e riprovarci. Già , non si tratta della prima denuncia fatta: «Ne abbiamo fatte molte e siamo arrivati anche alle multe. Ma alla fine tornano sempre, rispuntano come un’erba inestirpabile».
Nardo si riferisce anche alla delibera di quasi due anni fa con la quale l’Authority ha deciso pesanti sanzioni nei confronti di varie società , come la padovana Canale Italia «proprietaria dell’omonima emittente televisiva - scrive il presidente Antonio Catricalà - alla quale verrà irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 56.100 euro. Va considerata la sussistenza della circostanza aggravante consistente nel fatto che questa risulta destinataria di un precedente provvedimento di ingannevolezza ».
E, dunque, neppure quello di due anni fa era il primo. Ma come si difendono le reti televisive? Premesso che abbiamo cercato invano di parlare con i titolari di Canale Italia e LA9, le due emittenti che ultimamente diffondono i giochi, ecco come si difende un’altra rete non veneta che ha presentato una memoria difensiva all’autorità garante a proposito del quiz «Chi canta?»:
«Non abbiamo svolto alcun ruolo nella predisposizione e ideazione del programma televisivo in questione, avendo solo ceduto lo spazio pubblictario, né conosciamo le modalità di partecipazione al gioco; non siamo a conoscenza dei criteri di ripartizione del traffico telefonico, né il ruolo avuto dalle società assegnatarie delle numerazioni in questione; non siamo a conoscenza dei premi e delle modalità con cui essi sono assegnati, né dei criteri seguiti nella seleazione delle telefonate, del costo unitario al minuto, dell’importo dello scatto alla risposta e delle modalità di svolgimento e i contenuti delle chiamate...».
Stesso copione per altre emittenti. Come dire, i proprietari delle reti non sanno nulla di quanto va in onda in quanto quegli spazi sono stati venduti ad altre società . Le quali come replicano? «Ci siamo limitati ad acquistare lo spazio televisivo sull’emittente per conto di un’altra società ».
E avanti così, in una sorta di grande gioco di scatole cinesi chiamate con momi di fantasia che poi nel tempo cambiano. «Dovrebbe intervenire la Polizia Postale - si augura Franco Conte del Codacons - Il problema sono le denunce: perché in genere i telespattatori gabbati rinunciano a farle perché il gioco non vale la candela: tutto costa, anche la denuncia, e la gente è scoraggiata. Io però do a tutti un consiglio: quello comunque di segnalarci date, orari e dettagli delle trasmissioni e delle telefonate. Noi procederemo comunque, al costo simbolico di un euro. I consumatori ci diano fiducia, avvieremo la denuncia per conto loro. Preannuncio che stiamo studiando la estensione delle responsabilità al gestore telefonico che vende i numeri utilizzati da queste società e che fino ad ora è rimasto sempre fuori».
Articolo tratto da
"Corriere.it"