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Intervista a Michele Santoro: ''Grazie a Dio sono fazioso''

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Fonte: La Stampa

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Televisione
Michele Santoro è appena tornato dall'Africa. Di parlare di tv ha voglia, di commentare le critiche dei colleghi no. «Non mi piace, sembriamo galli nel pollaio».

Anno Zero. Vecchio nome, formula nuova.
«Cambierò titolo quando tutti i censurati torneranno in tv. Ci saranno ancora Travaglio, Vauro, Ruotolo. Tornerà Corrado Formigli e spero anche Jacona. Vorrei che la fabbrichetta Santoro si riunisse, a quel punto farei un passo indietro».

E la Borromeo?
«Bea è un talento straordinario, che adesso sente comprensibilmente voglia di provare altro».

Santoro: narciso, partigiano, giustizialista.
«Se fai tv, non puoi non essere narcisista. Giustizialista? Gli interventi di Forleo e De Magistris sono stati momenti di tv altissima. Partigiano è un complimento, ho pure cantato Bella Ciao. Conosco la storiella: gli altri sono obiettivi, io e Travaglio no. Mentana dirà che è obiettivo, Floris che è 2 volte obiettivo, Vespa che ha il binocolo con 3 lenti. Perfino Ferrara e Feltri danno lezioni di obiettività. Ci hanno massacrato per gli attacchi a Mastella, poi però quando è uscita la sentenza della Corte di Cassazione che ha ritenuto legittima la detenzione di sua moglie, giornali e tv sono stati zitti. Se questa è l'obiettività, meglio essere partigiani».

Non teme un'altra censura?
«Il "Santoro si contenga" avvenne con il centrosinistra al governo, col centrodestra al potere ho fatto buonissime cose. A farmi direttore è stata Letizia Moratti, a sdraiarsi sui binari per non farmi direttore del Tg3 è stato il centrosinistra. Attenti a luoghi comuni».

Per il Pd non stravede.
«Auspicavo la nascita del "partito che non c'è" già ai tempi del Pci, ma il Pd non è un partito: è un accrocco di gruppi notabiliari nascosti dietro Veltroni. Paul Krugman ha scritto che nei periodi di crisi emergono le differenze tra i due schieramenti, ma io ne vedo poche».

Sembra Beppe Grillo.
«Grillo arriva a conclusioni spesso rudimentali, ma non di rado lo condivido. Ha ragione quando ripete che la gente doveva saperlo prima di votare, che il Guardasigilli di Prodi sarebbe stato Mastella. Desidero come lui un totale rinnovamento e quindi l'azzeramento di questa casta».

Ma l'opposizione esiste?
«E' debolissima. Berlusconi ha risolto l'emergenza rifiuti con idee del governo Prodi, solo che Prodi era una pappamolle, neanche è mai andato a Napoli».

Lei cerca la polemica, per questo chiama Sgarbi.
«Se non inviti il contraddittorio, sei fazioso; se chiami l'avversario più agguerrito di Grillo, cerchi la polemica. Quella puntata è stata un mio fallimento, ma solo perché la mia fiducia negli intellettuali di destra è stata nuovamente tradita. Quando Sgarbi ragiona liberamente è eccezionale, quando risponde a comandi dall'alto è insopportabile. Per una puntata sul conflitto di interessi mi esortarono a chiamare Elio Vito. Venne solo per interrompere Rutelli».

Quelli di destra le ostacolano i dibattuti, quelli di sinistra la disertano direttamente.
«Sempre Krugman ha scritto che il grado di libertà di una trasmissione si valuta dal numero di defezioni dei potenti. Nessuno come me ha ricevuto rifiuti dai diessini. Se oso parlare di Telecom, D'Alema non viene per due anni».

Per andare da Celentano, si è dimesso da parlamentare europeo. E gli elettori?
«D'Alema, Bersani, Bresso, Del Turco: nessuno di loro ha terminato il mandato europeo. Berlusconi si è candidato in tutti i collegi e non ha mai messo piede a Bruxelles. Però gli editoriali si scrivono su Santoro. Non mi candidai certo per intraprendere la carriera politica, i miei elettori sapevano che l'obiettivo era tornare in tv. Col senno di poi non mi ricandiderei».

E col senno di poi tornerebbe a Mediaset?
«Era una Italia 1 senza identità, dopo di noi sono arrivati Paolo Rossi, la Dandini, Luttazzi, Le iene e Zelig. Moby Dick faceva 2-3 punti più della media della rete, ma ancora oggi si parla di fallimento. Grazie a noi partigiani, Mentana divenne l'ago politico della bilancia. Adesso Italia 1 vorrebbe Floris: sarei curioso di vederlo a Mediaset, ma la Rai deve fare di tutto per tenerselo».

Lei accettò l'invito di Celentano, Biagi e Luttazzi no.
«Grazie alla mia partecipazione, 11 milioni di italiani hanno sentito parlare del diktat bulgaro. Daniele sa che le porte di Anno Zero sono sempre aperte per lui, merita uno spazio tutto suo. Sulle mie polemiche con Enzo si è scritto molto. Non eravamo mammolette quando ci scontravamo, ma è stato un maestro. Le sue ultime telefonate sono uno dei ricordi più belli della mia vita».

Costanzo vorrebbe fare una serata al mese con lei al Brancaccio.
«L'amicizia con Maurizio è stata cementata da una bomba, va oltre tutto. Vedremo. Però Maurizio sa suonare il piano con 10 dita, io no. Lavoro bene solo se mi fisso su una cosa per volta: con passione, come un invasato. Altrimenti che partigiano sarei?».
 
Andrea Scanzi
per "La Stampa"

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