News inserita da: Simone Rossi (Satred)
Fonte: Digital-Sat (com.stampa)

La Storia siamo noi ricostruisce la vicenda di un coraggioso protagonista della nostra storia, il deputato comunista Pio La Torre, ucciso dalla mafia nellâaprile dellâ â82, con una puntata speciale dal titolo Lâuomo che incastrò la mafia, storia di Pio La Torre, di Alberto Puoti, in onda domenica 8 novembre su RAI STORIA, alle 22.00.
Al nome di Pio La Torre è legata una straordinaria eredità : la legge Rognoni-La Torre, che introduce il reato di associazione mafiosa e stabilisce, tra lâaltro, il sequestro dei beni dei mafiosi.
Dice Luciano Violante, Presidente Commissione Antimafia, 1992-â94: âà una legge essenziale, che ci ha consentito di avere degli enormi successi. à stata poi anche migliorata, specie nella parte relativa ai beni, e bisogna migliorarla ancora, perché ancora oggi noi sequestriamo solo il 10% dei beni mafiosi. Ma quella legge è stata un pilastro nella lotta della democrazia contro la mafia e come tale va considerataâ; aggiunge lâex-deputato PCI Alfredo Reichlin: âRognoni era un uomo importante molto importante della Democrazia Cristiana. La legge passò perché aveva la doppia firma: un comunista e un democristianoâ; e Virginio Rognoni, Ministro dellâInterno, 1978-â83: âI due grandi partiti popolari si sono trovati assolutamente dâaccordo nellâoffrire allo Stato nuovi armi contro la mafiaâ.
Uno strumento decisivo nella lotta alla Mafia ideato da Pio La Torre, per il quale il deputato ha pagato un prezzo altissimo: Pio La Torre, infatti, è il primo parlamentare ad essere ucciso da Cosa Nostra. à il 30 aprile 1982, quando La Torre viene colpito in un agguato nel cuore di Palermo, insieme al suo autista, Rosario Di Salvo.
Ma quello contro la mafia, per Pio La Torre, è stato lâimpegno di tutta una vita. Ricorda la moglie Giuseppina Zacco, scomparsa di recente, nellâultima intervista esclusiva rilasciata al La Storia siamo noi: âPio non sgarrava tanto così dalle sue idee. Quando doveva fare una cosa di partito, non la lasciava maiâ.
La sua carriera è folgorante: dal 1952 nel Consiglio Comunale di Palermo, dal 1962 deputato dellâAssemblea Regionale Siciliana. Poi, nel maggio del 1972, eletto alla Camera dei Deputati: e come deputato, entra subito a far parte della Commissione Antimafia. Lâ8 gennaio 1980, alla Camera, Pio La Torre parla dellâomicidio di Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Sicilia, ucciso due giorni prima a Palermo.
Secondo La Torre, questo omicidio è lâennesima prova dellâintreccio tra mafia e politica. Spiega Sergio Mattarella, fratello di Piersanti Mattarella: âCredo che La Torre intendesse dire che un atto di tale impudenza e aggressività verso le istituzioni poteva essere fatto soltanto se si aveva la sensazione che ci fossero altri interessi a condividere questo delittoâ.
E quegli stessi interessi, presumibilmente, sono disturbati anche dallâattivismo di Pio La Torre. Il deputato comunista, infatti, decide di sferrare un attacco decisivo contro la mafia. Il 31 marzo 1980, Pio La Torre deposita alla Camera una proposta di legge rivoluzionaria, discussa a lungo con i suoi compagni di partito, tra i quali Luciano Violante, Presidente Commissione Antimafia, 1992-â94: âLa Torre pose questo problema: che ci fosse una nuova legge che prevedesse il delitto di associazione mafiosa. Perché allora ci furono alcune sentenze della Cassazione che non riconoscevano la mafia come delitto in séâ; Aggiunge Virginio Rognoni, Ministro dellâInterno, 1978-â83: âCredo che se la tempra dei parlamentari fosse stata come quella della razza di Pio La Torre , questi provvedimenti sarebbero arrivati in aula molto prima. Questo non câè dubbioâ.
Ma il deputato Pio La Torre ha in serbo un altro colpo di scena nella sua lunga vita politica: il ritorno in Sicilia come semplice Segretario Regionale del PCI. Ricorda Giuseppina Zacco, moglie di Pio La Torre, nella sua ultima intervista a La Storia siamo noi: âIn Sicilia nessuno voleva che scendesse, perché sapevano che lo avrebbero ammazzato. Bufalini mi disse: «Non fare andare Pio in Sicilia», e lo stesso mi disse anche Emanuele Macaluso: «Non fare andare Pio». Ma lui se ne fregava, e ci andòâ; conferma Emanuele Macaluso: âVolle tornare in Sicilia perché in Sicilia si era inasprita la battaglia contro la mafia e perché in Sicilia si era aperta la questione dei missili a Comisoâ.
In quellâanno infatti, il governo italiano decide di installare i missili nella base militare di Comiso per fronteggiare il pericolo dellâattacco sovietico. Spiega Domenico Bacchi, amico di Pio La Torre: âPio La Torre riteneva che lì a Comiso si sarebbe sviluppata grazie alla presenza degli americani una battaglia di droga, di armi, insomma che a Comiso si sarebbe sviluppato un centro di potere della mafia italo-americanaâ. Ma non câè più tempo. Pio La Torre viene ucciso pochi mesi dopo il suo rientro in Sicilia.
Molti anni più tardi, per il suo omicidio la Cassazione condannerà in via definitiva Totò Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Antonio âNenèâ Geraci. Eppure, in questa storia, restano ancora delle zone dâombra e degli interrogativi. Esiste una âpista internaâ per lâomicidio La Torre? E i servizi segreti: che ruolo hanno avuto in tutto questo? A La Storia siamo noi i documenti esclusivi dei servizi segreti che hanno seguito Pio La Torre per tutta la vita. Dice Armando Sorrentino, avvocato di parte civile: âQuando furono depositate le carte delle indagini evincemmo che Pio era stato tenuto sotto osservazione dai servizi segreti dal 1952-53 fino al 1976 continuativamenteâ.
Lo spionaggio ai danni di Pio La Torre riprende proprio dallâottobre 1981, quando ritorna in Sicilia. Conferma Emanuele Macaluso: âLa Torre era un parlamentare, ma veniva schedato e seguito come se fosse uno dei capi della mafia. Per i capi della mafia non câera questa attenzione, ma câera per noi dirigenti comunistiâ ed aggiunge: âCome è possibile che Pio La Torre che fu seguito dai servizi segreti in tutti i momenti della sua vita, non sia stato seguito dagli stessi servizi proprio nel momento in cui fu ucciso?â
Ma non basta. Dopo le stragi di Capaci e di via DâAmelio e la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, emergono altre verità . Sono verità che riguardano il giudice Giovanni Falcone e la sua ultima indagine. Spiega lâavvocato Armando Sorrentino: âDopo la strage di via DâAmelio, Antonino Caponnetto rilasciò unâintervista in cui disse: «Giovanni Falcone firmò la requisitoria sui delitti politici (Reina, Mattarella e La Torre) ma voleva che ancora si indagasse sullâomicidio La Torre»â ed aggiunge: âEra appena scoppiato il problema della Gladio. E allora noi come parte civile presentammo unâistanza perché si indagasse per vedere se câera connessione con i delitti politiciâ. Gli appunti di Giovanni Falcone, ritrovati dopo la sua morte, confermano che il giudice avrebbe voluto indagare più a fondo proprio in questa direzione.