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Marinella Soldi (Discovery Italia): ''L'Auditel non basta più''

News inserita da: Simone Rossi (Satred)

Fonte: Adnkronos

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Televisione
martedì, 30 settembre 2014 | Ore: 17:34

Marinella Soldi (Discovery Italia): ''L'Auditel non basta più''«L'evoluzione digitale del mercato televisivo ha portato alla creazione di un mercato complesso e frammentato: reti nazionali, editori locali, canali tematici, centinaia di emittenti terrestri e satellitari. Ampiezza e composizione dell'offerta televisiva rendono necessario un sistema avanzato di misurazione degli ascolti», posto che «rimane il dubbio che l'attuale sistema di rilevazione Auditel possa non più rispecchiare e monitorare la complessita' del mercato e dell'offerta televisiva».

Lo ha affermato l'ad di Discovery Italia, Marinella Soldi, che e' stata sentita oggi dalla commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici.

«A fronte in particolare della rapida evoluzione tecnologica e della multidistribuzione, sono necessari strumenti veritieri e completi che diano una fotografia veritiera e che siano uno strumento comune e condiviso per gli editori, utile anche per gli investitori», ha insistito Soldi, sottolinenando che «Discovery, al pari di altre emittenti, effettua diversi studi e ricerche di mercato dalle quali si evince che il mercato delle cosiddette nuove emittenti digitali e' spesso sottostimato in termini di indici di ascolto». «Abbiamo accolto con favore la decisione del Consiglio di Amministrazione di Auditel di triplicare il campione delle famiglie da 5.000 a 15.000 ma allo stesso tempo -ha proseguito Soldi- temiamo che queste misure impieghino troppo tempo per diventare operative. E soprattutto perche' questa decisione e' stata presa solo dopo che Sky ha annunciato l'avvio del proprio smart panel»

«Sarebbe pertanto opportuno
-ha esortato l'ad di Discovery Italia- iniziare a pensare che ad occuparsi di rilevamento degli indici di ascolto, sia un ente o una societa'» purche' «composta solo da personalita' totalmente indipendenti» oppure che «preveda obbligatoriamente un coinvolgimento e una rappresentanza al proprio interno di tutti gli editori del mercato». A questo proposito soldi ha ricordato che «la legge 249/1997 affida all'Autorita' per le Garanzie nelle Comunicazioni la funzione di curare 'le rilevazioni degli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione'; e che 'laddove la rilevazione degli indici di ascolto (effettuate da altri soggetti) non risponda a criteri universalistici del campionamento rispetto alla popolazione o ai mezzi interessati, l'Autorita' può provvedere ad effettuare le rilevazioni necessarie'».

Discovery e' una media company presente in oltre 220 Paesi con più di 2,7 miliardi di abbonati, 40 sedi in tutto il mondo e circa 6.000 dipendenti. Ha oltre 200 network che parlano 45 lingue differenti. In Italia Discovery e' presente dal 1997 ed oggi Discovery e' il terzo editore televiso italiano con circa il 6% di share, considerando il periodo gennaio-agosto 2014, con oltre 44 milioni di contatti mensili.


L'INTERVENTO DI MARINELLA SOLDI

1.     DISCOVERY NEL MONDO

Discovery è la media company presente in oltre 220 Paesi con più di 2,7 miliardi di abbonati, 40 sedi in tutto il mondo e circa 6000 dipendenti. Ha oltre 200 network che parlano 45 lingue differenti ed è leader mondiale nella programmazione che spazia tra diversi generi - dall'intrattenimento ai documentari, dallo sport all'attualità - in grado di intercettare i gusti di molteplici target grazie a contenuti originali e di qualità. In piena espansione, Discovery ufficializza nel 2012 l'acquisizione di SBS, rete di 12 network televisivi ramificata tra Norvegia, Svezia, Danimarca e Finlandia e nel 2014 rende noto il completamento dell'acquisizione della partecipazione di controllo di Eurosport International, il principale gruppo europeo nell'intrattenimento sportivo, arrivando a un fatturato globale pari a circa 5.5 miliardi di dollari.

2.     DISCOVERY IN ITALIA

In Italia Discovery è presente dal 1997. Oggi Discovery è il terzo editore televisivo italiano con circa il 6% di share, considerando il periodo gennaio-agosto 2014. I canali del portfolio sono 12. In Italia, negli ultimi quattro anni, Discovery ha colto le opportunità offerte dal passaggio dall'analogico al digitale, diversificando il proprio business e consolidando una presenza multipiattaforma, sia in chiaro sia all'interno di offerte pay. Questo ampliamento delle attività è stato affiancato da un arricchimento della propria offerta editoriale: dopo aver lanciato l'innovativo genere televisivo di cui Discovery è pioniere e leader in Italia e nel mondo - il factual entertainment -  il gruppo si è aperto ad altri generi come la fiction, lo sport e i programmi per bambini.

Discovery Italia ha così accresciuto sensibilmente i propri investimenti in Italia, dando nuovo slancio alla creatività e alla vitalità dell'industria audiovisiva del Paese. In questo contesto, lo scorso anno, l'azienda ha portato a termine l'acquisizione di Switchover Media e ha successivamente acquisito i diritti per la trasmissione esclusiva della prestigiosa competizione internazionale di rugby del Sei Nazioni. In termini di audience, Real Time e DMax hanno stravolto le abituali gerarchie della televisione italiana e sono diventati rispettivamente l'ottavo e il nono canale nazionale per share, affermando la loro identità anche tra diversi generi di pubblico. La crescita del proprio peso all'interno dello scenario televisivo nazionale ha portato anche un importante contributo a livello occupazionale; in pochi anni, infatti, Discovery Italia è passata da una forza lavoro di circa 60 persone nel 2012 ad circa 230 nel 2014, con un indotto di oltre 200.

L'Italia rappresenta un asset chiave per il gruppo e, oltre ad essere il quartier generale delle attività di Discovery in Sud Europa  (Italia, Spagna e Portogallo), è uno dei mercati più stimolanti, sia in termini economici sia in termini editoriali. In Italia, infatti, Discovery sta investendo importanti risorse nel settore televisivo, e ha fortemente accresciuto il proprio peso in termini di produzioni originali. Solo nel 2014, ad esempio, ha prodotto 330 ore di nuovi programmi, con una crescita del 40% rispetto al 2013.

DISCOVERY MEDIA

L'ampliamento dei contenuti editoriali e l'opportunità di offrire agli investitori strumenti di comunicazione ancora più efficaci per raggiungere il proprio target di riferimento, hanno portato nel 2012 alla nascita di Discovery Media, la divisione interna del gruppo che si occupa della raccolta pubblicitaria.

In uno scenario complessivo ancora in contrazione, Discovery Media è uno dei pochi soggetti in controtendenza rispetto all'andamento del mercato, anche per la capacità di individuare proposte commerciali innovative in grado di massimizzare gli investimenti degli inserzionisti; Discovery Media offre cioè un tipo di comunicazione che va oltre la campagna tabellare, grazie a partnership basate su una vicinanza di valori di brand.

Questo approccio ha permesso una crescita rapida ed una forte affermazione di Discovery Media sul mercato, ancor più significativa se si considera il livello altamente competitivo del settore e la presenza di soggetti con posizioni consolidate nel tempo

REVISIONE DELLA NORMATIVA

Discovery ha accolto con favore l'indagine conoscitiva deliberata da Codesta Commissione; riteniamo infatti che una serie di disposizioni normative del Testo Unico sui Servizi Media Audiovisivi (D. Lgs n. 177 del 2005 poi aggiornato con il D. Lgs. 44 del 2010)  necessitino oggi, alla luce dei mutati scenari di mercato, di interventi di aggiornamento e revisione.

Inoltre,  è evidente che i servizi oggi offerti dai vari operatori, sia tradizionali che nuovi entranti, si posizionino all'interno di un unico mercato, che vede gli operatori competere nella attuazione di politiche industriali e commerciali finalizzate all'incremento del numero degli abbonati e/o della raccolta pubblicitaria.

Sarebbe opportuno abbandonare la logica di una contrapposizione tra vecchio e nuovo, ma con lucidità analizzare l'attuale stato della normativa. È quindi evidente che gli operatori promotori di offerte nelle nuove modalità distributive godono di una maggiore libertà e minori vincoli normativi. Per questo Discovery propone una revisione dell'intera normativa che da anni regola il settore televisivo ed audiovisivo, rimuovendo ove possibile i paletti di una regolamentazione troppo rigida. In un secondo momento, una volta fissati alcuni fondamentali principi, si potrà applicare il nuovo corpus di regole a tutti gli operatori del settore, a prescindere dalla modalità di distribuzione e dal modello di business adottato.

LCN

Lo scorso 8 settembre il Consiglio di Stato ha emanato la sentenza 4145 con cui ha riassegnato al Commissario ad acta già nominato con la sentenza 6021 del 16 dicembre 2013 - la cui attività era stata precedentemente sospesa in via cautelare - il compito di redigere il nuovo regolamento sulla numerazione automatica dei canali digitali terrestri.

Alla situazione di incertezza causata dalla nota vicenda giudiziaria, si è aggiunta anche una cattiva gestione nella allocazione delle posizioni LCN. Valga per tutti l'esempio del numero eccessivo di posizioni LCN assegnato alle emittenti locali nel primo arco di numerazione

Alla luce dei diversi (e a volte contraddittori) risvolti che la vicenda LCN ha avuto, nonchè alla luce della non efficiente gestione della risorsa, Discovery ritiene che la migliore soluzione che garantisca stabilità ed affidabilità al sistema sia quella dell' intervento normativo primario, che vada ad integrare e a modificare il Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi.

Solo in questo modo si potrà innescare un meccanismo di razionalizzazione del sistema in grado peraltro di semplificare il quadro di mercato, verso una più logica allocazione di risorse e grazie ad un abbattimento delle barriere competitive che ancora lo caratterizzano.

Fino a quando non verrà risolto il problema dell'LCN difficilmente il mercato potrà beneficiare di investimenti importanti, sia da parte degli editori (esistenti o nuovi) sia da parte di operatori di rete, che  vogliano affacciarsi sul mercato delle frequenze.

QUOTE DI INVESTIMENTO

L'articolo 5 della direttiva sui Servizi di Media Audiovisivi (direttiva 89/552/CE, come poi modificata dalla direttiva 2010/13/UE) stabilisce che "le emittenti televisive riservino [...] alle opere europee realizzate da produttori indipendenti dalle emittenti stesse [...] il 10 % almeno del loro bilancio destinato alla programmazione. [...]".

Differentemente, l'attuale previsione del Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi collega l'obbligo di investimento  del  10%  non  al  bilancio  destinato  alla  programmazione,  come  previsto  dalla direttiva, bensì agli "introiti netti annui, così come indicati nel conto economico dell'ultimo bilancio di esercizio disponibile" (art. 44, comma 3, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177).

Un parametro che non solo corrisponde ad un importo decisamente più rilevante rispetto a quello "destinato alla programmazione", ma  che, proprio  per  la  sua  rilevanza  ed  onerosità,  rischia seriamente di costringere un editore a modificare la linea editoriale del proprio canale per far fronte all'investimento richiesto

CONTRIBUTI DIRITTI D'USO DELLE FREQUENZE

Lo scorso 22 maggio l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha avviato una consultazione pubblica con l'obiettivo di determinare i nuovi criteri per la fissazione da parte del Ministero dello sviluppo economico dei contributi annuali per l'utilizzo delle frequenze nelle bande televisive terrestri. Tuttavia il Consiglio dell'AgCom ha deciso inizialmente di non procedere all'approvazione finale del suddetto regolamento, a seguito dapprima dei rilievi avanzati dalla direzione Informazione, Comunicazione e Media e dalla direzione Reti e Servizi di Comunicazione Elettronica della  Commissione Europea, la quale aveva evidenziato che i nuovi contributi avrebbero potuto rappresentare un'ulteriore barriera all'accesso dei nuovi entranti.

Questo regolamento verrà votato nuovamente dal Consiglio dell'Aurorità oggi stesso, 30 settembre. Pur comprendendo l'esigenza del regolatore di una complessiva revisione del regime contributivo, sorta all'esito del processo di transizione del sistema di radiodiffusione televisiva dalla tecnica analogica alla tecnica digitale, anche Discovery ritiene che lo Schema di regolamento proposto presenti un elemento di criticità di fondo che rischia di creare un effetto distorsivo nelle dinamiche concorrenziali di mercato. Tale criticità è rinvenibile sostanzialmente nella modalità di fissazione del valore di riferimento del contributo annuale (art. 1, comma 1, lettera b del regolamento) e nello specifico nell'obiettivo di ottenere dal mercato della cessione di capacità trasmissiva (il cui valore è stimato intorno ai 350 milioni di euro l'anno), un'imposizione pari a quella ottenuta in era analogica dalla tv in chiaro che, calcolata sommando le entrate dal canone e quelle pubblicitarie, si attestava intorno ai 50 milioni di euro (su un fatturato complessivo di circa 50 miliardi di euro).

A parere di Discovery è evidente che un simile criterio rischierebbe di creare una doppia distorsione, favorendo operatori di rete verticalmente integrati con fornitori di contenuti (che possono applicare economie di scala tali da ridurre i costi operativi.

SISTEMA RILEVAZIONE ASCOLTI

L'evoluzione digitale del mercato televisivo ha portato alla creazione di un mercato complesso e frammentato: reti nazionali, editori locali, canali tematici, centinaia di emittenti terrestri e satellitari. Ampiezza e composizione dell'offerta televisiva rendono necessario un sistema avanzato di misurazione degli ascolti.

A fronte in particolare della rapida evoluzione tecnologica e della multidistribuzione, sono necessari strumenti veritieri e completi che diano una fotografia veritiera e che siano uno strumento comune e condiviso per gli editori, utile anche per gli investitori.

Rimane il dubbio che l'attuale sistema di rilevazione Auditel possa non più rispecchiare e monitorare la complessità del mercato e dell'offerta televisiva. Discovery, al pari di altre emittenti, effettua diversi studi e ricerche di mercato dalle quali si evince che il mercato delle cosiddette nuove emittenti digitali è spesso sottostimato in termini di indici di ascolto.

Abbiamo accolto con favore la decisione del Consiglio di Amministrazione di Auditel di triplicare il campione delle famiglie da 5.000 a  15.000  ma allo stesso tempo temiamo che queste misure impieghino troppo tempo per diventare operative. E soprattutto perché questa decisione è stata presa solo dopo che Sky ha annunciato l'avvio del proprio smart panel. Sarebbe pertanto opportuno iniziare a pensare che ad occuparsi di rilevamento degli indici di ascolto, sia un ente o una società:

- composta solo da personalità totalmente indipendenti; a tal proposito preme ricordare che la legge 249/1997 affida all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni la funzione di curare "le rilevazioni degli indici di ascolto e di diffusione dei diversi mezzi di comunicazione"; e che "laddove la rilevazione degli indici di ascolto (effettuate da altri soggetti) non risponda a criteri universalistici del campionamento rispetto alla popolazione o ai mezzi interessati, l'Autorità può provvedere ad effettuare le rilevazioni necessarie".

- o che preveda obbligatoriamente un coinvolgimento e una rappresentanza al proprio interno di tutti gli editori del mercato.

Nulla facendo si rischierebbe di perpetuare l'utilizzo di strumenti creati nel 1984 e non in grado di riuscire a rilevare il mercato in maniera veritiera e garantire trasparenza nella concorrenza.

RAI

Discovery ha apprezzato la decisione di anticipare al 2015 il rinnovo della convenzione della Rai con lo Stato per la concessione del servizio pubblico e ha accolto con favore l'idea lanciata dal Sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonello Giacomelli di lanciare un'ampia consultazione pubblica. Consideriamo ormai improrogabile una riforma della Rai dopo tanti anni; naturalmente il caso RAI di cui si discute da tempo non dipende da chi guida oggi l'azienda ma viene da molto lontano. La Rai andrebbe sganciata definitivamente da meccanismi della politica, e questo anche per assegnarle un'identità precisa: emittente del servizio pubblico per parte delle sue attività ed emittente commerciale per altra parte. Ciò in modo da permetterle di agire sul mercato con maggiore trasparenza, applicando politiche commerciali concorrenziali con quelle degli altri operatori. A tal proposito riteniamo eccessiva, anche rispetto ai modelli di altri paesi europei, la presenza di quindici canali sulla piattaforma digitale terrestre, mentre riteniamo che siano sufficienti: a) 1 o 2 canali finanziati solo dal canone, b) non più di 3 o 4 canali di genere tematico, finanziati solo con la pubblicità.

Un simile assetto, con due anime ben distinte, permetterebbe alla Rai di rafforzare i propri contenuti, di crescere sul mercato e strutturarsi come media company.

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