Dopo il ritorno-flop dei mesi scorsi, quelli di RaiDue hanno rimesso in piedi Libero, il programma di scherzi telefonici, lo hanno tolto dall'ambiziosa prima serata (ora va il mercoledì in terza) e lo hanno affidato a Max Giusti.
Con risultati onorevoli su tutti i fronti: quindi l'operazione, forzata come poche altre, alla fine passerà alla storia tra quelle chehanno avuto un senso.
Ma il punto sta altrove, perche l'ingegneria televisiva interessa pochissimi coinvolti direttamente, e forse neppure tutti. Il punto sta nel conduttore, quel Max Giusti che bisogna sempre considerare come uno dei pochi personaggi di rilievo maturati in tv negli ultimi anni. Giusti ha detto che, prima di accettare, ci ha pensato parecchio.
Questo gli fa onore, nonostane Libero sia un programma che in passato è stato sdoganato anche da Paola Cortellesi in conduzione. Il punto è che nessuno, visto come stavano le cose, gli abbia chiesto di fare altro. Il guaio è che nessuno ha pensato di mettersi alle spalle Libero e, visto che Giusti safare un mucchio di cose, provare a inventarsi qualcos'altro.
Forse Giusti pensava a quello, ovvero pensava: ma perché non mi propongono un programma nuovo. Non c'è da essere rivoluzionari, funziona così dappertutto o quasi: nella pubblicità , nei creativi dell'hi-tech, nei giri giusti.
In tv no, in tv bisogna per forza tenere in piedi Libero, anche se magari il medesimo gruppo di ideatori e autori avrebbe nelle corde la possibilità di inventarsi qualcosa. Invece no, chissà perché.
Quanto agli scherziâ presenti in tv in maniera massiccia, di questi tempi â i migliori, semplici, efficaci quanto universali, rimangono quelli della classicissima Candid Camera in onda su Italia 1.
Tutti gli altri sono faticosi da seguire anche se ogni tanto una risata scappa via per forza. A "Scherzi a parte" hanno per esempio portato Irene Pivetti a una finta messa, e al "Gloria" il prete e gli officìanti si sono messi a cantare "Gloria" di Umberto Tozzi.
Risate, e poi bisognerebbe finirla lì. Invece, siccome c'è da riempire un sacco di tv, finisce in trasmissioni chilometriche e in successivi programmi sui programmi di scherzi: per fare il ritratto del paese degli scherzi, o di uno scherzo di paese.
Antonio Di Pollina
per "La Repubblica"