Dai fasti del Carosello alla mezza crisi. I pubblicitari «scaricano» la tv e i soldi degli investitori fuggono altrove.
Per la prima volta negli ultimi vent’anni, nel 2007 l’ormai ex tubo catodico assorbirà meno del 50% degli investimenti pubblicitari destinati ai grandi mezzi di comunicazione. Certo, secondo i dati di Assocomunicazione (l’associazione che riunisce pubblicitari e uomini di comunicazione) l’elettrodomestico-totem degli italici salotti resta il mezzo principale per raggiungere le masse dei consumatori, ma per la prima volta deve davvero fare i conti con la crescita impetuosa delle nuove tecnologie digitali (+41,5%) su cui gli investimenti a fine anno sorpasseranno quelli diretti alla vecchia radio (+2,5%).
La quale, spiega la ricerca, è comunque « in ottima posizione per beneficiare della possibile fuoriuscita di investimenti da una televisione sempre più costosa». In generale, per gli investimenti pubblicitari l’anno in corso si annuncia positivo: +4,1%. Buoni i dati per la stampa quotidiana - trainata da free press e dalla rivoluzione full color - che attrarrà maggiori investimenti per un 2,4%, mentre la periodica salirà del 2%. Del resto, peggio della televisione e del suo misero +0,7% fa solo il cinema, a crescita zero.
Alla base della crisi della tv ci sono la mancanza di eventi di spicco, l’audience in calo e i costi in aumento. Al Centro Studi fanno due calcoli: i listini nei primi sei mesi hanno avuto un ritocco fisiologico all’insù di circa il 3%, a cui è corrisposto un calo di telespettatori del 7%. Totale: un 10% di rincaro che sta creando pressione sul mercato. Chi paga?
Non Sky, dove i flussi crescono del 10% (a quota 220 milioni). Altro discorso per le generaliste. Con l’eccezione di La7 (+7,6% a quota 113 milioni), la Rai va avanti piano con un +0,4%. Quanto a Mediaset, gli investimenti diretti sono previsti a 2,95 miliardi, cioè a crescita zero. Sono inclusi pure i 90 milioni fatturati dal Biscione nel 2006 attraverso contratti con alcuni centri media ma contabilizzati per l’anno in corso. Senza quei milioni - che comunque si riferiscono a spot in programmazione per quest’anno - l’andamento sarebbe negativo di un 6% circa.
Nel frattempo, proprio in casa Mediaset ieri è andata in onda una ristrutturazione nell’assetto organizzativo del gruppo. E’ il primo effetto dei maggiori poteri attribuiti al vicepresidente Pier Silvio Berlusconi dal Cda ed è pure una strategia per accrescere l’integrazione tra la holding e le società operative. Spicca la nomina di Marco Giordani, direttore finanziario del gruppo, come amministratore delegato di Rti, il braccio televisivo del gruppo.
Società di cui Gina Nieri, responsabile divisione affari istituzionali, legali e analisi strategiche, diviene vicepresidente. Mauro Crippa, invece, guiderà la neonata direzione generale «informazione». Sul fronte Publitalia (pubblicità ), Niccolò Querci diventa vicepresidente, carica che mantiene anche in Rti.
Dentro Mediaset nascono tre nuove direzioni: «personale e amministrazione», affidata a Querci, amministrazione e controllo partecipate estere, in mano ad Andrea Goretti, oltre alla «comunicazione e immagine», alla cui guida va Paolo Calvani. A Rete4, infine, Giancarlo Scheri lascia la direzione e passa alla Fiction.
Francesco Spini
per "La Stampa"