Per il settore televisivo, sotto il profilo tecnologico, l’ultimo anno è stato caratterizzato dalla conclusione delle attività finalizzate al rilascio della banda 700 MHz e dal passaggio allo standard di trasmissione digitale terrestre di seconda generazione, DVB-T2. Il completamento del processo di adozione di tale tecnologia a livello nazionale è previsto entro la fine del 2023 e sarà in grado di assicurare un impiego più efficiente dello spettro frequenziale.
Dopo una prima fase di coesistenza di standard di codifica differenti, a partire dal 20 dicembre 2022, si è compiuta la dismissione della codifica MPEG-2, con il conseguente definitivo passaggio allo standard MPEG-4 per la ricezione dei canali televisivi sulla piattaforma digitale terrestre, pertanto visibili oramai esclusivamente da dispositivi (televisori o decoder) in grado di supportare l’alta definizione. Tappa finale di tale processo sarà la transizione allo standard DVB-T2 con codifica HEVC Main 10, che consentirà un utilizzo ancor più efficiente della risorsa frequenziale e la trasmissione di un maggior numero di canali televisivi in qualità HD.
D’altra parte, a seguito dell’accelerazione impressa dalla pandemia, si espande l’accesso ai contenuti audiovisivi online sia per l’aumento della copertura infrastrutturale del territorio nazionale, che per la crescente disponibilità di contenuti in streaming con cataloghi molto ampi. L’esame degli indici di ascolto del 2022 conferma le tendenze dello scorso anno: l’aumento delle audience delle piattaforme online e la riduzione di quelle del digitale terrestre e satellitare. Gli utenti unici di siti e app delle piattaforme di video on demand a pagamento hanno raggiunto, mediamente nel 2022, i 15 milioni mensili (con picchi di 16 milioni nei mesi di marzo e agosto).
Al contrario, nel giorno medio dell’anno, il numero degli spettatori dei canali gratuiti e a pagamento digitali terrestri e satellitari si è ridotto ancora (-9% rispetto al 2021). La flessione riguarda tutte le fasce di età degli ascoltatori, sia quelle al di sopra dei 45 anni (che complessivamente rappresentano oltre il 70% del pubblico), sia, in misura più marcata, le classi più giovani. Delimitando l’analisi ai contenuti televisivi a carattere informativo, si osserva come la contrazione del numero di telespettatori interessi anche i principali telegiornali del giorno e della sera, che si attestano su valori in molti casi inferiori a quelli degli anni antecedenti alla pandemia. Nel 2022, il Tg1 si conferma il telegiornale più seguito, con un ascolto medio di 4,7 milioni di spettatori per l’edizione delle 20 e 3,4 milioni per l’edizione delle 13,30. Segue il Tg5, con una media di 3,7 milioni di ascoltatori nell’edizione delle 20 e 2,8 milioni nell’edizione delle 13. Si mantiene particolarmente significativo il ruolo assunto, quale fonte di informazione locale, dal TGR della testata regionale della RAI, diffuso da Raitre, che supera i 2,2 milioni di telespettatori sia nell’edizione delle 14 che delle 19,30.
La diminuzione dell’audience delle piattaforme tradizionali non scalfisce, comunque, la rilevanza del mezzo nel sistema dell’informazione in termini tanto di numerosità di telespettatori, quanto di risorse economiche, posto che, come sopra rappresentato, la televisione conserva saldamente il primato per ammontare di ricavi realizzati rispetto agli altri media.
Più nel dettaglio, dal punto di vista economico, si stima che nel 2022 il settore televisivo sfiori nel complesso gli 8 miliardi di euro, poco meno rispetto al 2021 (-0,3%). Questa sostanziale tenuta è il risultato del bilanciamento di tendenze contrapposte delle diverse tipologie di ricavi, per cui l’andamento negativo della raccolta pubblicitaria - che perde il primato tra le fonti di finanziamento del mezzo (rappresentando il 37% del totale) - e delle offerte a pagamento su digitale terrestre e satellite è compensato dall’incremento del canone e, soprattutto, dalla decisa crescita della componente online della tv a pagamento.
Valutando la concentrazione nel settore, nell’ultimo anno ne va sottolineata una diminuzione del livello (per cui l’indice HHI – Herfindahl- Hirschman Index della televisione nel suo insieme scende al di sotto dei 2.000 punti), sebbene i primi tre operatori detengano ancora il 73% delle risorse complessive. RAI, come nel 2021, occupa la prima posizione (con una quota prossima al 30%), davanti a Comcast/Sky (23%), che continua a scontare il decremento dei ricavi da vendita di abbonamenti. Fininvest, attiva nel settore mediante le società del gruppo MFE-Mediaset, mantiene il terzo posto (detenendo circa il 20% del totale degli introiti televisivi). Tra i restanti operatori, anche in ragione dell’attrattività dei contenuti premium (quali film, serie tv, eventi sportivi come il campionato di calcio di Serie A o la Champions League) che compongono le proprie offerte, aumenta sensibilmente l’incidenza delle piattaforme online (tra cui Netflix, DAZN, TIM, Disney +, Prime Video), che guadagnano porzioni di ricavi, arrivando a rappresentare congiuntamente il 17% delle risorse economiche del settore televisivo (+5 punti percentuali rispetto al 2021).
Scomponendo l’analisi in relazione ai due ambiti di mercato (tv in chiaro e tv a pagamento) distinti sotto il profilo merceologico, si rileva come la quota maggiore delle risorse economiche complessive (60%) permanga appannaggio d el mercato dei servizi di media audiovisivi in chiaro, che nel 2022 vale quasi 4,8 miliardi di euro, in lieve riduzione rispetto al 2021 (-0,9%). Un leggero incremento (+0,5%) si riscontra, invece, per i ricavi totali della tv a pagamento, che ritornano al di sopra dei 3,2 miliardi.
Riguardo alla televisione a pagamento, come anticipato, si assiste anche nel 2022 all’oramai consolidata contrapposizione tra l’andamento (negativo) dei ricavi afferenti alle piattaforme satellitare e digitale terrestre e quello (positivo) delle risorse riconducibili all’offerta di servizi di media audiovisivi online.
Più precisamente, per le piattaforme tradizionali, i ricavi derivanti da vendita di offerte a pagamento (pay tv e pay per view) e raccolta pubblicitaria sui canali a pagamento - che congiuntamente costituiscono il 53% del totale degli introiti della tv a pagamento - diminuiscono del 19,2%. Diversamente, le risorse generate dalle offerte a pagamento sul web, includendo sia le sottoscrizioni di abbonamenti (S-VOD), sia la vendita e il noleggio di singoli contenuti (EST e T-VOD), presentano un tasso di crescita del 37,9%. I ricavi riferibili a quest’ultima componente assumono, dunque, un valore sempre più rilevante, tanto da raggiungere 1,5 miliardi di euro nel 2022, con un’incidenza sul totale della tv a pagamento che nell’arco di cinque anni risulta quintuplicata.
Gli effetti della nuova battuta d’arresto delle entrate da abbonamenti su satellite e digitale terrestre e il perdurante rafforzamento delle quote di ricavi acquisite dalle piattaforme online attive nell’offerta di contenuti audiovisivi sul web si ripercuotono sugli assetti di mercato. Si riscontra una spiccata riduzione del livello di concentrazione della tv a pagamento, con l’indice HHI che, nonostante continui a essere superiore ai 3.600 punti (nel 2021 era di poco inferiore ai 5.000 punti), si dimezza rispetto al 2019