
È mattino presto, al bar di via della Pace gli avventori sono pochi, e tutti lenti nei gesti come se stessero ancora risvegliandosi. Una ragazza e un uomo di colore inseguono tra i tavolini un chihuahua che trema di freddo e di paura e che naturalmente non può che chiamarsi Golia. Anche il cane ha la sua maschera nell'illusione di sentirsi più forte. Sono tempi così. Ilaria D'Amico è arrivata da via dei Coronari, dove abita. Pantalone e giacca neri, camicia bianca. Ha mani sottili, con le dita lunghe che sfiorano appena tutto ciò che toccano.
Mi spiega di essere cresciuta in una famiglia interamente al femminile. "Mia madre, le sue quattro sorelle, la nonna catto-comunista, mia sorella più grande di dieci anni. Alle elementari dalle suore: grembiule, fiocco, i capelli raccolti in due codini". Mai un sette in condotta, quella bambina sarebbe stata l'orgoglio della ministra Gelmini.
Le piccole "rivoluzioni" arrivano a nove anni, in cortile con i maschi per i mondiali di calcio dell'82 in Spagna, il prologo della giornalista sportiva, l'icona di Sky. Alle medie senza cartella, i libri molto gualciti e portati in mano. E, a quindici anni e mezzo, la prima volta, confessa, in cui ha fatto l'amore. Insiste: "Se indosso una maschera non lo faccio per cinismo. Considero un dono incontrare qualcuno che riesce un po' per volta a farmi scoprire, a conquistare la mia fiducia, a farmi raccontare ciò che non è facile dire. Altrimenti mi esercito con parole inesistenti. Mi proteggo".
Le domando da che cosa ha dovuto soprattutto difendersi. "Dai dolori, per esempio. Ringrazio il cielo di averne avuti, ci devi passare attraverso. È inevitabile affrontare le curve dell'esistenza. Ho perso mio padre lo scorso anno, ho avuto altre perdite importanti delle quali non mi va di parlare. All'inizio fuggo dalla realtà, comincio a dialogare diversamente con le persone che non ci sono più, faccio come se fossero soltanto partite per un lungo viaggio. Mi immagino di ricevere le loro telefonate di giorno e di notte, piano piano ritrovo in questo modo la dimensione reale. Accetto la sofferenza. Credo in Dio, mi aiuta, mi sorregge. Il mio è anche un modo opportunistico di credere. Ho bisogno della fede soprattutto nei momenti difficili. Conosco le preghiere. Il Padre nostro, l'Ave Maria. Da piccola cantavo nel coro della chiesa fino a quando mi hanno allontanata per colpa della mia voce da papera o da sirena di fabbrica. Mi piace andare nelle chiese vuote. Da sola. Inginocchiarmi a un banco. Penso, guardo la croce sull'altare. A volte piango. Sono una che si commuove facilmente. Piango anche al cinema, a volte piango anche di fronte alle pubblicità romantiche".
È tra le donne più desiderate dagli italiani. Il figlio di Moggi tentò di conquistarla con un aereo e un viaggio a Parigi. Ci provano calciatori e allenatori. La lista è lunga. Lei non fa nomi, dice soltanto che farebbe prima a dire chi non ci ha tentato. Girano leggende di amore saffico legate all'amicizia con l'attrice Monica Bellucci. Ride, non ha nessuna voglia di tornare su un argomento smentito tante volte. "Mi sento molto donna, se c'è qualcosa di maschile in me questo non va oltre il quindici, venti per cento. La caparbietà, la grinta, la determinazione sono doti femminili. Sono felice quando mi vengono riconosciute. Ma credo anche di essere diplomatica e bene educata. Non sono un animale solitario e penso di saper lavorare in gruppo. Diciamo che sono un capo tollerante. Detesto i furbi e i falsi intellettuali. Sono una capra in molte cose, non mi vergogno della mia ignoranza. Cerco di imparare, questo sì".
È bella, dietro il suo scudo e le parole non dette. C'è un'ombra di paura nella sua pallida freddezza. Anche la paura di chi vuole piacere. La sua vanità. "È vero, spesso mi sento inadeguata. Eppure mi accetto. So quali sono i miei difetti. Ho un seno ingombrante. Lo mostro quando serve, lo copro quando non serve. Ho le gambe troppo magre rispetto ai fianchi. Ho il naso imperfetto. Ho i denti da roditore. Non ho il timore d'invecchiare, ma forse questo è il coraggio che si ha a trentacinque anni, più avanti chissà. Mi vedrò cambiata, dovrò abituarmi alle unghiate del tempo. Lavorare in tv accelera la vita, hai la sensazione di vivere un passaggio molto veloce, quasi repentino. Da un giorno all'altro la porta ti può venire sbattuta in faccia. Ci penso da quando ho cominciato. Mi immagino di spegnerla, la tv, di mettermi a fare altro, di scrivere magari. Oppure mi vedo in campagna con figli, nipoti e cani".
Sarebbe un ritorno alle radici, alle origini viterbesi di Vignanello. Intanto con l'accortezza e la lungimiranza solida dei contadini ha comprato una casa a Nizza, negozietti a Milano e Roma. Non esiste solo il cuore. Anche se è là che si cerca di andare. "Sono una bulimica dell'amicizia, verso la quale ho un approccio entusiastico, opposto a quello che adopero nei confronti dell'amore, una terra nella quale entro con atteggiamento molto guardingo. Per me l'amore è un abbraccio che dura tutta la giornata. È solidarietà, tepore, equilibrio. Trovare l'amore è difficilissimo, ancora di più è preservarlo. Non sopporto l'ipocrisia delle coppie che continuano a stare assieme nonostante la fine del sentimento e della passione. Perdono le piccole bugie. Le bugie bianche, come le chiamo io. Credo che la sincerità assoluta tra un uomo e una donna non faccia neppure bene al rapporto. In quanto donna sono per natura bugiarda. Non sono traditrice, me ne manca la vocazione. E sono pigra. Una volta ho vissuto per un po' di tempo due rapporti paralleli, erano entrambi agli inizi. È stata una fatica incredibile. Avevo bisogno di capire, poi ho scelto chi amavo. A mia volta sono stata tradita, l'ho scoperto. Avrei preferito non saperlo. Ho sofferto moltissimo. A un certo punto ho gettato tutto in una grande pentola, l'ho fatto bollire a lungo, è passato. A trentacinque anni vorrei un figlio, sono in perfetta media italiana. Ci sto pensando seriamente. Sono sicura che saprò essere una buona madre, confusamente dedita".
Nella recente guerra tra Murdoch e Mediaset, Ilaria D'Amico è stata raccontata anche dai giornali stranieri come l'unica femmina televisiva che ha messo in crisi Berlusconi. Sembrava pronta a diventare il nuovo leader del Pd. "In verità vivo la politica da cittadina smarrita e delusa. Mi ritengo una donna di sinistra perché penso, prima di tutto, che vada combattuto l'eccesso di ingiustizia sociale. Non so che cosa sia il comunismo, una parola che non si dovrebbe più usare. Ho apprezzato Cofferati, Bertinotti, Veltroni. Ritengo Berlusconi un imprenditore che continua a fare quel mestiere anche da capo del governo. Come imprenditore-politico non ha avversari. Nel centrodestra mi ha colpito favorevolmente l'evoluzione politica, la metamorfosi, di Gianfranco Fini. Mi trovo d'accordo con lui quando difende la legalità e le libertà individuali. Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che l'ex leader dell'Msi sia diventato un uomo di Stato".
Tre giorni della settimana a Roma, quattro a Milano. Sempre dentro la scatola di una televisione. Chissà che cosa rimane al di là dello schermo. "La tv mi ha fatta chiudere ancora di più in me stessa. Ho bisogno di aria, di stare poco in casa, di cenare all'aperto anche d'inverno. Vorrei avere più tempo per leggere. La trasmissione Exit su La7 mi impone di prepararmi soltanto su libri tecnici e di saggistica. Gli ultimi romanzi che sono riuscita a leggere sono stati "La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano, "Trilogia della città" di K. di Agota Kristof e "Il maestro" e "Margherita" di Bulgakov. Vorrei scoprire il teatro, un'arte che mi affascina e della quale non so nulla. Mi perseguita l'ossessione del rimpianto, di tutto ciò che non riesco ad afferrare. Sono una malinconica terribile. Penso addirittura di avere bisogno della malinconia. C'è sempre un momento della giornata in cui mi viene un nodo in gola. E sto bene lì, raggomitolata in me stessa".
Protetta dal ferro dell'armatura, come un cavaliere medievale. "Sì. Se avessi potuto nascere in un'altra epoca, mi sarebbe piaciuto essere Giovanna d'Arco". Fino in fondo, fino al rogo? "Fino alla fine. Almeno avrei vissuto il colpo di scena".
Dario Cresto-Dina
per "La Repubblica"
(26/04/09)
per "La Repubblica"
(26/04/09)