Internet killed the video star? Il mitico ritornello dei Buggles non risuonava nelle nostre orecchie da anni. Un tempo aveva la forma di immagini freneticamente montate a ritmo di musica e accompagnò l'emergere di uno dei fenomeni più innovativi della cultura popolare giovanile degli ultimi decenni. Era l'agosto del 1981. Nasceva Mtv. E tutti a gridare: «Video killed the radio star». Ora è il web ad aver fatto fuori, definitivamente, la generazione (M)tv.
Nell'anno del suo ventiseiesimo compleanno Mtv, la rete musicale americana con spin-off in tutto il mondo, pare aver finalmente trovato la strada del suo rilancio. Ma a costo di un terribile sacrificio: la «generazione Mtv» è morta. Ed ecco il paradosso: ora Mtv è costretta a inseguire la generazione «YouTube». L'ha osservato, su Wired, John Geoghegan: la seconda vita di Mtv nasce online.
Il canale americano, di proprietà Viacom, ha festeggiato il suo anniversario lanciando la comunità virtuale «Laguna Beach». Un vasto e popolato mondo in 3 dimensioni dentro il quale immergersi, assieme agli avatar dell'omonima serie, che è un po' soap e un po' reality.
Dentro il mondo di «Laguna Beach» (www.vlb.mtv.com) i teens, gli adolescenti della «generazione y», si incontrano, chà t-tano, persino si fidanzano virtualmente, seguono gli eventi in diretta promossi da Mtv. E, naturalmente, bevono Pepsi altrettanto «virtuali» e consumano altri generi di prodotti.
«Virtual Laguna Beach» è un'evoluzione dei siti di social networking, com' è chiamato, che consiste nell'ibridare i modelli esistenti: la rete amicale dei blogger alla MySpace, la comunità di condivisione di video alla YouTube, l'ambiente virtuale dei giochi multiplayer online e la virtual reality alla Second Life. à un mondo figlio di Internet più banda larga, ovvero il Web 2.0: più audiovisivo e multisensoriale che testuale. Ma, soprattutto, è il frutto del matrimonio fra la Rete e la televisione.
Con un reality che diventa «reale» grazie a Internet, Mtv prova a risollevarsi dal punto più basso toccato nella storia della sua immagine: quando, nel 2005, il canale interruppe i mitici Pink Floyd con uno spot, e il pubblico iniziò a sostituire lo slogan «I want my Mtv» col più problematico «Mtv sucks!», «Mtv fa schifo».
La parabola di Mtv, da canale «cool» per un'intera generazione alle difficoltà a mettersi in relazione con la generazione successiva, è storia nota anche in Italia.
Negli Usa ha raggiunto da tempo la maggiore età , da noi festeggia proprio quest'anno il suo decennale. La forza del canale - 51 per cento di proprietà Telecom Italia, 49 per cento Viacom - sta nell'immagine, nel brand. Approdò come alternativa giovane alla tv generalista, con la sua musica, i suoi Dj, i suoi programmi sopra le righe.
L'ex enfant prodige Antonio Campo dall'Orto, oggi 43enne, un master in Publitalia e l'apprendistato nella Mediaset anni Novanta dei Giorgio Gori e dei Giovalli, detiene saldamente le redini della direzione dalla sua nascita, oggi accorpata a quella della televisione La7.
Ma, a differenza che negli Stati Uniti, Mtv Italia sembra ancora in mezzo al guado: da tempo non più «rete musicale», deve vedersela con la concorrenza di aggressivi avversari sul versante del mercati iper-giovanilista.
Tiene viva la sua anima «alternativa» con la tivù interattiva e multi piatta-forma chiamata Qoob (su Internet, www.qoob.tv , e sul digitale terrestre) ma anche quelli più popolare delle serie e dei cosiddetti reality-trash. E h qualche difficoltà a rinnovar! il parco Dj.
Una sola cosa, però, è poa chiara: che farà Mtv da grande? O meglio: riuscirà nella complessa alchimia di mantenersi sempre giovane?
Massimo Scaglioni
per "Il Corriere della Sera - Economia"