La nuova sfida si chiama switch off, quando cioè si passerà al digitale terrestre. à il futuro di tutte le tv, e anche Sat 2000 aspetta questo giorno.
«Noi abbiamo le possibilità e le capacità , e metterei anche lâentusiasmo â dice Marco Guglielmi, direttoÂre generale dellâemittente cattolica â, di diventare un canale nazionale con il digitale terrestre né più né meno di tutti gli altri canali».
Sat 2000 avvierà , anche in previsione di questo evento, la sperimentazione Auditel, allâinizio ad uso interno: «Una valenza comÂmerciale â aggiunge Guglielmi â va comunque conÂsiderata. Un ritorno di ascolto ci consente di avere lâiÂdea che abbiamo raggiunto lâobiettivo. Questo non vuol dire rinunciare al nostro progetto, che resta fonÂdamentalmente quello di trasmettere i valori cristiaÂni e cattolici declinandoli in programmi che non troÂvano spazio nel panorama televisivo».
Non è un inseguire lâAuditel, ma solo interrogarlo. «Questo significa â precisa Francesco Porcelli, proÂduttore esecutivo dellâemittente â non rinunciare ai contenuti. Personalmente ho più fiducia io nella genÂte di quanti propinano programmi spazzatura. Il proÂblema è che la gente vede e si abitua a vedere quello che si offre. Noi vogliamo dare contenuti, idee, sugÂgestioni. Non è vero che la gente non vuole ciò. Da qui un tipo di televisione che ha, parafrasando un nostro programma, un formato famiglia. E poi molÂta attenzione al mondo dei giovani».
Tutta questa attenzione ai giovani fa dire a Marina PizÂzi, direttore artistico di Sat: «Siamo gli anti De FilipÂpi! ». «Bella scoperta, si dirà , ma i giovani sono proÂpositivi â aggiunge â ed è una sorpresa. I giovani non hanno nel panorama televisivo un luogo dove posÂsono dire sul serio le loro idee. Capiscono che noi di Sat vogliamo sentirle queste idee, e in questo si senÂtono protagonisti».
Il risultato raggiunto da Sat 2000 in dieci anni è miÂsurabile con un solo dato: oggi la televisione dei catÂtolici autoproduce oltre 12 ore del palinsesto quotiÂdiano. «à â sottolinea Stefano De Martis, coordinaÂtore del palinsesto â un fatto eccezionale nel panoÂrama delle emittenti private». E aggiunge orgoglioso: «Abbiamo un prodotto che si fa vedere. Non vogliaÂmo che i cattolici guardino Sat per fede o per obbliÂgo. E infatti non ci guardano per questo, ma perché trovano in noi un prodotto di qualità . Sat vuole parÂlare a tutti, ma si rivolge ai cattolici in particolare perÂché siamo convinti che vogliono una buona televiÂsione».
Oggi Sat arriva nelle case attraverso il satelliÂte, rimandata dalle televisioni locali e, presto, esclusivamente attraverso il digitale terrestre. Intanto câè un altro canale: internet, che porta la televisione atÂtraverso il web dove il satellite non arriva. A via AuÂrelia sono infatti arrivati messaggi anche dal GiapÂpone.
Giovanni Ruggiero
per "L'Avvenire"