Le cause - secondo il report - sono il «quadro normativo che, disegnato per i media tradizionali, spesso rappresenta un ostacolo allo sviluppo del mercato, e un’eccessiva rigidità dell’offerta di diritti, che non consente lo sviluppo di un’offerta legale di contenuti distribuiti su Ip (internet protocol)». È necessario quindi «porre una maggiore attenzione a un corretto inquadramento sul piano normativo delle tendenze in atto: le regole attuali non tengono conto delle specificità di internet e senza adeguati correttivi c’è il rischio che si creino barriere non giustificate allo sviluppo del mercato e si continuino ad applicare ai nuovi servizi, prevalentemente non lineari (on demand), norme pensate per i tradizionali servizi lineari».
Il rapporto evidenzia inoltre come «in alcuni Paesi siano state usate forme di agevolazione per favorire il take-up dei nuovi servizi, analoghe agli aiuti concessi anche in Italia per lo sviluppo della pay-tv satellitare, ovvero per la transizione alla televisione digitale terrestre».
Sulla diffusione dei servizi audiovisivi su Ip - sviluppati da Fastweb, Telecom e Wind a partire dal 2003 - lo studio ipotizza che, con l’avvento delle offerte di Smart tv, «il numero di clienti attualmente pari a circa 700mila per il servizio Iptv possa crescere significativamente», come sta succedendo nei paesi più avanzati. L’associazione stima infatti che a fine 2010 già il 5% delle famiglie italiane sia attrezzato per questa evoluzione con televisori, blu-ray e game console connettibili alla rete, che consentono di ricevere servizi e contenuti trasmessi con piattaforme Ip sullo schermo del salotto di casa.