Di passi concreti, a onor del vero, finora se ne sono fatti, dal digitale terrestre, al mobile, a internet. Ma è in quest'ultima piattaforma che la Rai deve recuperare un bel po' di terreno perduto, non tanto nei confronti della concorrenza italiana, quanto nei confronti in generale di tutto ciò che la rete è ormai in grado di offrire e che altre emittenti estere sfruttano a pieno.
La prima delusione che arriva dal contratto è quella dei contenuti audio-video che saranno inseriti sul portale Rai. Ormai è definitivo quello che si sapeva già da un po': gli utenti non avranno a disposizione tutta la produzione di viale Mazzini, ma molto, molto meno. La prima bozza del contratto è stata infatti corretta per sottrazione e ora si parla appena di un impegno a «definire una strategia di valorizzazione della propria produzione editoriale e i propri diritti audiovisivi» nelle diverse piattaforme, compreso internet.
In concreto i contenuti arriveranno on-line ma sarà un processo cauto, indirizzato agli utenti che navigano in Italia, in regola con l'abbonamento e, soprattutto, limitato da sistemi di protezione elettronica, i cosiddetti Drm, Digital rights management. Tutto, è vero, per rispettare le norme, il diritto d'autore, ma gli impegni, si sa, spesso lasciano il tempo che trovano. La stessa selezione di contenuti, al posto di una fruizione più generale di quanto trasmesso dalla Rai, dipende dai limiti imposti dalla legge sul diritto d'autore, come ha spiegato più volte il ministro Paolo Gentiloni. Bisognerebbe, in sostanza, acquisire di volta in volta i diritti di trasmissione sul web, anche di produzioni vecchie di cui si possiedono solo i diritti di sfruttamento radiotv. Per
questo si farebbe prima (per modo di dire) a cambiare quella legge, che ormai si mostra datata. E così impegno si scontra con vincolo.
Non sarà poi facile usare il Drm, che come sistema di protezione è stato più volte criticato perché apporta vincoli che mal si conciliano con la fruibilità facile e veloce dei contenuti sulle diverse piattaforme. Questi software antipirateria, a seconda di come sono utilizzati, impediscono di fare copie diverse dello stesso contenutoceli portarlo dal pc all'i-Pod o sul dvd e via di seguito. Tanto che non manca chi, anche produttore dì contenuti, ha criticato questi sistemi perché freno reale alle vendite legali on-line.
L'esempio dell'accordo fra Apple ed Emi per vendere su iTunes brani di grande qualità senza protezione di Drm è significativo. La mente, è ovvio, corre a quanto finora ha fatto la Bbc in questo campo. Siti di grande qualità con i propri contenuti gratis e a pagamento, accordi con i portali internazionali per la vendita dei programmi hanno fatto e continuano a fare notizia. Certo, si dirà, molti contenuti della Bbc hanno un'appetibilità maggiore di quelli della Rai. Il fatto è che il colosso britannico si muove con un'agilità e sveltezza nella rete che nemmeno i concorrenti privati hanno.
Tornando alla Rai, fra i tanti si può citare un ultimo impegno positivo: se tutto va bene ci saranno forum, in grande evidenza, in cui gli utenti potranno interagire, commentare i programmi e via di seguito. Messi gli opportuni paletti, ci potrà essere anche posto per i contenuti autoprodotti sempre dagli utenti. Ancora due elementi di cui on-line sembra non si possa più fare a meno.
per "Italia Oggi"