Murdoch fa discutere sempre e comunque. Certo è un monopolista, certo si sta pappando tutto il mondo dell'editoria multimediale e non, certo è uno che non nasconde le sue simpatie conservatrici.
Ma Murdoch è una realtà mondiale nel campo delle telecomunicazioni da cui non si può prescindere. Non più. In Italia Murdoch è Sky ltalia dal luglio 2003, quando si fusero le piattaforme digitali satellitari D+ e Stream che piangevano miseria.
Oggi ci sono nella penisola 4 milioni di decoder firmati Sky e la cifra è destinata ad autmentare.
Attualmente è l'unica piattaforma satellitare a pagamento rivolta al nostro mercato.
Ieri, durante un convegno di approfondimento sul tema, "Murdoch, il fine giustifica i media" (organizzato da Associazione Stampa Romana, Comitato per un'Altra Tv, Demote, Informazione@Futuro, Megachip, Welfare della Comunicazione, in collaborazione con Cooper Editore) abbiamo ascoltato molte buone ragioni per "temere" altri affondi del magnante australiano.
Ci siamo anche convinti (con Glauco Benigni, autore di "Apocalypse Murdoch" e Sergio Bellucci) che il ddl Gentiloni e poca cosa ed è nato' Vecchio" rispetto al precipitare degli eventi nel campo delle telecomunicazioni.
Marco Mele (Sole 24 ore) ha concretizzato una percezione "latente" tra telespettatori ed operatori del settore: che il famoso terzo polo di cui si dice spesso, non è in realtà Sky, ma Rai. Un polo in "stand by" ovviamente. Al palo, per essere meno eleganti. E questo non si può imputare a Murdoch, obiettivamente.
La Rai è un "bene pubblico" che da mesi è bloccata su quattro nomine, che discetta su poltrone, che fa della qualità un optional.
La Rai non spende i nostri quattrini per non restare al palo, non li ha investiti in questi 15 anni in nuove tecnologie, in creatività professionale. No, la Rai per "battere" la concorrenza (e cioè Mediaset) spende i soldi per conduttori televisivi e fiction melense.
Ecco, questo, magari, non c'entra con Murdoch che fa il suo lavoro aiutato dall'economia e dalla finanzia mondiali. Come tutte le multinazionali nell'ultimo ventennio e dunque all'interno di un quadro fortemente liberista.
Ma c'entra con i consumatori che, a ragione, Mauro Vergali (responsabile Nuove Tecnologie Adiconsum) vede nelle mani di un'azienda poco "accogliente" come Sky è, in effetti, nei confronti degli abbonati, ma per la Rai, il discorso non è diverso e non diversamente si sentono presi in giro. Murdoch è un problema? Forse.
L'urgenza però, è quella, di intervenire sul futuro. Che è quello indicato da Silvia Garambois riferendosi al rapimento del collega Mastrogiacomo:
«In quella situazione-limite, è stata paradossalmente la cenerentola del gruppo "Repubblica tv", una televisione on line e via satellite la cui testata dopo oltre due anni di vita non è ancora registrata, il cui direttore è incerto, a diventare il fulcro mondiale dell'attenzione. Sul mercato mondiale avevano in quel momento un interesse maggiore i servizi via Internet che dall'Afghanistan Mastrogiacomo faceva per la piccola "Repubblica tv", che non i reportage per il giornale leader».
Peccato che al convegno non ci fosse nessuno di Sky Italia a dire come la vedono da lì.
Aspettiamo la prossima occasione sperando che sia sul futuro. Ad esempio, come sarà la televisione dal 2008 con il progetto CpCm (uno standard di limitazioni imposto dai produttori televisivi) che metterà un bel po' di museruole al digitale.
Antonella Marrone
per "Liberazione"