
«Nel resto del mondo funziona. Ma il provincialismo italiano rischia di danneggiare il mercato. In Spagna invece, per certi versi è simile al nostro, non ci sono stati interventi preoccupati sulla nuova proprietà . Endemol quando apparteneva a Telefonica che era azionista di Antena3 è sempre stata uno dei maggiori fornitori di Teleleinco. E la stessa Telecinco proprio mentre si lanciava nell'operazione Endemol con Mediaset, acquistava un programma da Magnolia, un nostro competitor di proprietà della De Agostini a sua volta azionista di riferimento di Antena 3. E' il mercato. Ancora: la televisione pubblica spagnola Tve, per la quale Endemol produce molto, ritiene a tal punto strategici, i nostri programmi che ci ha chiesto di impegnarci fin d'ora a fornirglieli per i prossimi anni».
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Qual è il peso di Endemol Italia sulle produzioni Rai e Mediaset?
«Produciamo circa il 40% per la tv pubblica e circa un altro 40% per Mediaset, per la quale realizziamo anche molta fiction. Quel che resta viene prodotto per La7, le reti satellitari e i new media».
Ma è vero che la Rai dipende dalle produzioni esterne?
«I numeri dicono che nella stagione 2006/2007 circa l'80% dei programmi Rai sono stati prodotti internamente. I produttori indipendenti hanno realizzato solo poco più del 20%, del numero totale di programmi Rai di fiction e intrattenimento. E anche in questo caso c'è una quota di coproduzione della Rai. Endemol non realizza programmi chiavi in mano: sono tutti coprodotti con la Rai. E la Rai ha sempre il controllo editoriale dei suoi programmi».
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Però si dice che i vostri programmi siano un toccasana per i bilanci della Rai. Di che ritorni si tratta?
«Sul nostro contratto da 40-45 milioni di euro annui la Rai incassa circa 330 milioni. Vuol dire che paga uno e incassa sei. Inoltre, secondo alcuni studi indipendenti, almeno il 20/25% della raccolta della Sipra, è legata ai nostri prodotti: mi risulta che solo Affari tuoi frutti oltre 32 milioni di euro al mese. E non siamo neanche la prima voce di costo tra i produttori esterni. Ci sono produttori che solo con la fiction fatturano più di noi».
Un motivo in più di timore per la Rai dopo il matrimonio Endemol-Mediaset?
«No, rimarremo indipendenti. Così vogliono anche i nuovi azionisti. Nel frattempo, per la prima volta negli ultimi dieci anni non abbiamo programmi di prime-time su Mediaset nella prossima stagione. Anzi. La stessa Mediaset ha messo da parte La Pupa e il Secchione per fare Distraction prodotto da un nostro concorrente».
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E i vostri rapporti con la tv pubblica?
«Siamo riusciti a prendere anche per l'Italia La Ruota della Fortuna, un format di successo in molti paesi. E lo abbiamo subito proposto alla Rai. Inoltre, tra dicembre e gennaio sperimentiamo un nuovo programma in prime-time su Rai Uno, la stessa rete dove ora sta andando in onda con ottimi risultati un format nuovo come I Soliti ignoti».
Come funziona all'estero la competizione tra produzioni interne ed esterne?
«In Gran Bretagna, la rete pubblica Channel 4, affida all'esterno il 95% dei suoi prodotti e il 5% è coprodotto. Lì il governo e la Bbc hanno creato un sistema virtuoso dove competono alla pari produzione interna e produttori indipendenti attraverso regole fissate da un codice. La Bbc si impone come limite all'auto-produzione il 50%, mentre il 25% viene garantito ai produttori indipendenti e per l'altro 25% è stata istituita la Window of Creative Competition che sceglie i progetti migliori tra produzioni indipendenti e interne».
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Insomma tra Italia e il resto del mondo non c'è partita...
«Quello italiano è il mercato della produzione indipendente più basso in Europa. Da noi i programmi d'intrattenimento rappresentano circa 200 milioni di euro, un sesto di quanto viene speso per i format in Gran Bretagna».
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Roberta Amoruso
per "Il Messaggero"
per "Il Messaggero"