La Rai come la BBC e l'Italia delle produzioni indipendenti al passo con il resto del mondo? Una provocazione sì. Ma anche un sogno per Paolo Bassetti, da sei anni amministratore delegato di Endemol Italia, la prima società di produzione indipendente. Ora che Endemol è entrata nell'orbita Mediaset, difendere l'indipendenza del gruppo è diventata quasi una missione. Per lui la convergenza tra produttori e distributori di contenuti è la strada maestra peraltro seguita in tutto il mondo. Nessuna tv può prescindere dalla produzione estema se ci tiene a essere competitiva. In molti paesi in Europa e in America l'hanno capito da tempo, come dimostra la crescita del mercato. In Italia no: si rischia di fare passi indietro.
Dottor Bassetti è possibile in Italia la convergenza tra brodcaster e produttori senza che venga meno l'indipendenza delle produzioni esterne?
«Nel resto del mondo funziona. Ma il provincialismo italiano rischia di danneggiare il mercato. In Spagna invece, per certi versi è simile al nostro, non ci sono stati interventi preoccupati sulla nuova proprietà. Endemol quando apparteneva a Telefonica che era azionista di Antena3 è sempre stata uno dei maggiori fornitori di Teleleinco. E la stessa Telecinco proprio mentre si lanciava nell'operazione Endemol con Mediaset, acquistava un programma da Magnolia, un nostro competitor di proprietà della De Agostini a sua volta azionista di riferimento di Antena 3. E' il mercato. Ancora: la televisione pubblica spagnola Tve, per la quale Endemol produce molto, ritiene a tal punto strategici, i nostri programmi che ci ha chiesto di impegnarci fin d'ora a fornirglieli per i prossimi anni».
Qual è il peso di Endemol Italia sulle produzioni Rai e Mediaset?
«Produciamo circa il 40% per la tv pubblica e circa un altro 40% per Mediaset, per la quale realizziamo anche molta fiction. Quel che resta viene prodotto per La7, le reti satellitari e i new media».
Ma è vero che la Rai dipende dalle produzioni esterne?
«I numeri dicono che nella stagione 2006/2007 circa l'80% dei programmi Rai sono stati prodotti internamente. I produttori indipendenti hanno realizzato solo poco più del 20%, del numero totale di programmi Rai di fiction e intrattenimento. E anche in questo caso c'è una quota di coproduzione della Rai. Endemol non realizza programmi chiavi in mano: sono tutti coprodotti con la Rai. E la Rai ha sempre il controllo editoriale dei suoi programmi».
Però si dice che i vostri programmi siano un toccasana per i bilanci della Rai. Di che ritorni si tratta?
«Sul nostro contratto da 40-45 milioni di euro annui la Rai incassa circa 330 milioni. Vuol dire che paga uno e incassa sei. Inoltre, secondo alcuni studi indipendenti, almeno il 20/25% della raccolta della Sipra, è legata ai nostri prodotti: mi risulta che solo Affari tuoi frutti oltre 32 milioni di euro al mese. E non siamo neanche la prima voce di costo tra i produttori esterni. Ci sono produttori che solo con la fiction fatturano più di noi».
Un motivo in più di timore per la Rai dopo il matrimonio Endemol-Mediaset?
«No, rimarremo indipendenti. Così vogliono anche i nuovi azionisti. Nel frattempo, per la prima volta negli ultimi dieci anni non abbiamo programmi di prime-time su Mediaset nella prossima stagione. Anzi. La stessa Mediaset ha messo da parte La Pupa e il Secchione per fare Distraction prodotto da un nostro concorrente».
E i vostri rapporti con la tv pubblica?
«Siamo riusciti a prendere anche per l'Italia La Ruota della Fortuna, un format di successo in molti paesi. E lo abbiamo subito proposto alla Rai. Inoltre, tra dicembre e gennaio sperimentiamo un nuovo programma in prime-time su Rai Uno, la stessa rete dove ora sta andando in onda con ottimi risultati un format nuovo come I Soliti ignoti».
Come funziona all'estero la competizione tra produzioni interne ed esterne?
«In Gran Bretagna, la rete pubblica Channel 4, affida all'esterno il 95% dei suoi prodotti e il 5% è coprodotto. Lì il governo e la Bbc hanno creato un sistema virtuoso dove competono alla pari produzione interna e produttori indipendenti attraverso regole fissate da un codice. La Bbc si impone come limite all'auto-produzione il 50%, mentre il 25% viene garantito ai produttori indipendenti e per l'altro 25% è stata istituita la Window of Creative Competition che sceglie i progetti migliori tra produzioni indipendenti e interne».
Insomma tra Italia e il resto del mondo non c'è partita...
«Quello italiano è il mercato della produzione indipendente più basso in Europa. Da noi i programmi d'intrattenimento rappresentano circa 200 milioni di euro, un sesto di quanto viene speso per i format in Gran Bretagna».
Roberta Amoruso
per "Il Messaggero"
per "Il Messaggero"