E'
come l'anticiclone delle Azzorre nella pienezza dell'estate,
Giovanni Minoli.
Basta seguire i suoi bei programmi raccolti sotto il logo «La Storia Siamo Noi»,
con la regolare canzonetta di De Gregori sotto.
Beh, per essere confinato nel recinto tranquillo della tv-divulgazione di RaiEdu,
Minoli riesce a sollevare sempre dei gran temporali.
In questi ultimi giorni ha picchiato duro sul mondo
dello spettacolo italiano, con una puntata su Vallettopoli, e ha fatto
impazzire i blog para-scientifici dei cacciatori di bufale e' dei
neo-neo-positivisti con uno speciale sul 38 ° anniversario dello sbarco
dell'uomo sulla Luna.
Dove puntualmente hanno avuto l'onore della cronaca che meritano le «teorie
complottiste» più radicate negli Stati Uniti, ovvero le elucubrazioni di quelli
che negano al famoso «piccolo passo di Amstrong ma grande passo per l'umanità »
lo statuto di realtà .
E una vera sceneggiata lunare si sta rivelando ormai anche
la vicenda del consiglio d'amministrazione della Rai, con
un'assemblea degli azionisti di nuovo convocata dal
Governo per l'insolita data dell'8 agosto, con il solo scopo di
sfiduciare il consigliere berlusconiano Petroni e ribaltare finalmente la
maggioranza politica di centrodestra che ancora di fatto controlla la tv di
Stato. E sapete chi sarebbe il motore unico nazionale del caso, stando
ovviamente alle teorie «complottiste»? Giovanni Minoli,
appunto.
Del resto, di tutto il mondo della tv, ormai da molti mesi, il premier Romano
Prodi vede soprattutto Minoli, e non solo quando si è allenato per i confronti
televisivi. Mentre al primo giro di pullman ulivista la strategia in materia di
Rai venne scritta da Franco Iseppi, già uomo delle avventure tv di Enzo Biagi,
dopo questo secondo vittorioso tour sul Tir giallo è
stato Minoli a elaborare il nuovo piano ufficiale prodiano di separazione e
rilancio delle attività di servizio pubblico della Rai.
Incassato malvolentieri Cappon alla
direzione generale, Prodi l'ha convocato subito a palazzo Chigi per
consegnargli il programma «minolato» e raccomandargli l'autore come possibile
superdirettore delle attività appunto di servizio pubblico, che avrebbero dovuto
riunire Raitre, RaiEdu e pure il satellite e il
digitale terrestre. Non se n'è fatto mai nulla.
Poi è partito il tormentone Raidue, con Minoli
sempre in pole-position ma i consiglieri del centrodestra che facevano blocco. E
ora, finalmente, l'allunaggio sulla vera posizione chiave della tv di Stato:
la poltrona di direttore di Raiuno.
La dead-line dell'attuale occupante Del Noce, a consiglio ribaltato, sarebbe
addirittura fissata per settembre e Berlusconi deve solo scegliere come
sistemare con onore l'amico Fabrizio che se ne andrà . Ma queste sono quisquilie.
Veniamo al profilo del nuovo
direttore. Che cosa direbbe Minoli di se stesso in una di quelle
celebri presentazioni a ritmo sincopato che lanciano le sue interviste stile
«Mixer»?
Classe 1945, giornalista e inventore di programmi,
è forse l'uomo tv più importante rimasto ai vertici della Pai-Creativo,
battagliero, generoso, di recente ha avuto il coraggio d'affrontare in campo
aperto i nuovi poteri delle grandi case di produzione, profetizzando la morte
della Rai dopo la conquista della Endemol da parte di Mediaset.
Tornando fuori «Mixer», Minoli è un uomo dai mille legami e di forte spirito dei
tempi (molti non gli perdonano, per esempio, lo spot per Bettino Craxi) ma anche
con tanti nemici giurati.
E' stato bene educato a non aver paura d'affrontare le
sfide: una famiglia d'origine dossettiana, che lo lega Prodi, gli ha
trasmesso quel certo rigore integralista quasi protestante così ben tradotto nel
personaggio televisivo, e qualcosa avrà pure imparato anche dal suocero, il
padre-padrone della Rai degli anni d'oro Ettore Bernabei, che dopo la carriera
di boiardo di Stato s'è inventato grande produttore di fiction
kolossal-cattoliche.
Vedremo come riuscirà a chiudere alla grande la sua di
carriera, Minoli: in fondo è in Rai già da 35 anni e ha compiuto i 62 anni,
dunque ha già raggiunto i 97 della fatidica soglia della nuova riforma delle
pensioni. E Raiuno è una postazione di quelle che tutti aspettano con i fucili
puntati. Anzi, con i tabulati Auditel ogni giorno in mano.
Una sfida non facile considerando avrà l'onere di
dimostrarsi all'altezza della fama di uomo Rai, e quindi di fare anche
servizio pubblico. Ma soprattutto dovrà inventare daccapo una prima rete che
oggi "vive di programmi e di personaggi delle varie Endemol, Ballandi e
Magnolia. Dovrà pure fare subito i conti con i tanti che certamente gli
chiederanno di rinunciare a qualcosa, magari proprio ad andare in video, per non
fare l'anti-Vespa in casa di Bruno.
Paolo Martini
per "La Stampa"