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L'ombra di Minoli sulla direzione di Raiuno

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Fonte: La Stampa

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Televisione
  domenica, 05 agosto 2007

Giovanni MinoliE' come l'anticiclone delle Azzorre nella pienezza dell'estate, Giovanni Minoli.

Basta seguire i suoi bei programmi raccolti sotto il logo «La Storia Siamo Noi», con la regolare canzonetta di De Gregori sotto.

Beh, per essere confinato nel recinto tranquillo della tv-divulgazione di RaiEdu, Minoli riesce a sollevare sempre dei gran temporali.

In questi ultimi giorni ha picchiato duro sul mondo dello spettacolo italiano, con una puntata su Vallettopoli, e ha fatto impazzire i blog para-scientifici dei cacciatori di bufale e' dei neo-neo-positivisti con uno speciale sul 38 ° anniversario dello sbarco dell'uomo sulla Luna.

Dove puntualmente hanno avuto l'onore della cronaca che meritano le «teorie complottiste» più radicate negli Stati Uniti, ovvero le elucubrazioni di quelli che negano al famoso «piccolo passo di Amstrong ma grande passo per l'umanità» lo statuto di realtà.

E una vera sceneggiata lunare si sta rivelando ormai anche la vicenda del consiglio d'amministrazione della Rai, con un'assemblea degli azionisti di nuovo convocata dal Governo per l'insolita data dell'8 agosto, con il solo scopo di sfiduciare il consigliere berlusconiano Petroni e ribaltare finalmente la maggioranza politica di centrodestra che ancora di fatto controlla la tv di Stato. E sapete chi sarebbe il motore unico nazionale del caso, stando ovviamente alle teorie «complottiste»? Giovanni Minoli, appunto.

Del resto, di tutto il mondo della tv, ormai da molti mesi, il premier Romano Prodi vede soprattutto Minoli, e non solo quando si è allenato per i confronti televisivi. Mentre al primo giro di pullman ulivista la strategia in materia di Rai venne scritta da Franco Iseppi, già uomo delle avventure tv di Enzo Biagi, dopo questo secondo vittorioso tour sul Tir giallo è stato Minoli a elaborare il nuovo piano ufficiale prodiano di separazione e rilancio delle attività di servizio pubblico della Rai.

Incassato malvolentieri Cappon alla direzione generale, Prodi l'ha convocato subito a palazzo Chigi per consegnargli il programma «minolato» e raccomandargli l'autore come possibile superdirettore delle attività appunto di servizio pubblico, che avrebbero dovuto riunire Raitre, RaiEdu e pure il satellite e il digitale terrestre. Non se n'è fatto mai nulla.

Poi è partito il tormentone Raidue, con Minoli sempre in pole-position ma i consiglieri del centrodestra che facevano blocco. E ora, finalmente, l'allunaggio sulla vera posizione chiave della tv di Stato: la poltrona di direttore di Raiuno.

La dead-line dell'attuale occupante Del Noce, a consiglio ribaltato, sarebbe addirittura fissata per settembre e Berlusconi deve solo scegliere come sistemare con onore l'amico Fabrizio che se ne andrà. Ma queste sono quisquilie.

Veniamo al profilo del nuovo direttore. Che cosa direbbe Minoli di se stesso in una di quelle celebri presentazioni a ritmo sincopato che lanciano le sue interviste stile «Mixer»?

Classe 1945, giornalista e inventore di programmi, è forse l'uomo tv più importante rimasto ai vertici della Pai-Creativo, battagliero, generoso, di recente ha avuto il coraggio d'affrontare in campo aperto i nuovi poteri delle grandi case di produzione, profetizzando la morte della Rai dopo la conquista della Endemol da parte di Mediaset.

Tornando fuori «Mixer», Minoli è un uomo dai mille legami e di forte spirito dei tempi (molti non gli perdonano, per esempio, lo spot per Bettino Craxi) ma anche con tanti nemici giurati.

E' stato bene educato a non aver paura d'affrontare le sfide: una famiglia d'origine dossettiana, che lo lega Prodi, gli ha trasmesso quel certo rigore integralista quasi protestante così ben tradotto nel personaggio televisivo, e qualcosa avrà pure imparato anche dal suocero, il padre-padrone della Rai degli anni d'oro Ettore Bernabei, che dopo la carriera di boiardo di Stato s'è inventato grande produttore di fiction kolossal-cattoliche.

Vedremo come riuscirà a chiudere alla grande la sua di carriera, Minoli: in fondo è in Rai già da 35 anni e ha compiuto i 62 anni, dunque ha già raggiunto i 97 della fatidica soglia della nuova riforma delle pensioni. E Raiuno è una postazione di quelle che tutti aspettano con i fucili puntati. Anzi, con i tabulati Auditel ogni giorno in mano.

Una sfida non facile considerando avrà l'onere di dimostrarsi all'altezza della fama di uomo Rai, e quindi di fare anche servizio pubblico. Ma soprattutto dovrà inventare daccapo una prima rete che oggi "vive di programmi e di personaggi delle varie Endemol, Ballandi e Magnolia. Dovrà pure fare subito i conti con i tanti che certamente gli chiederanno di rinunciare a qualcosa, magari proprio ad andare in video, per non fare l'anti-Vespa in casa di Bruno.

Paolo Martini
per "La Stampa"

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