La «minaccia» arriva dal Cielo. Lo spauracchio della Rai non è più Mediaset ma Sky. La piattaforma di Murdoch, dopo averlo sfondato, si è ormai stabilizzata sul tetto degli otto milioni di ascoltatori.
Giovedì 8.019.887 persone si sono sintonizzate sui canali satellitari, con uno share medio del 6,8%. Se ne sono accorti anche a viale Mazzini, e non da poco, visto che nel piano industriale per il triennio 2008-2010 il fenomeno viene segnalato e si propongono rimedi per constrastarlo o, almeno, frenarlo.
Il piano, definito da un membro della Vigilanza appartenente a un partito di governo, cioè Egidio Pedrini dell'Idv, un «libro degli intenti», traccia il quadro del cambiamento in atto: «Crescita esponenziale della gamma di offerta, progressiva segmentazione dell'utenza su base anagrafica e di interesse ndr), ingresso sul mercato di nuovi attori».
Quindi passa subito al nodo del problema. Anche se il «60% degli italiani ha ancora soltanto la Tv analogica tradizionale - si legge nel documento di 88 pagine -Sky offre circa 100 canali a una base abbonati che ha da poco superato i quattro milioni di famiglie e raggiunto quasi il 7% di share netta».
Un balzo più preoccupante se si tiene conto che, da quest'anno, i canali tematici sono soggetti alle rilevazioni di audience e, quindi, all'attenzione degli investitori pubblicitari. Non solo. Negli ultimi cinque anni «la televisione generalista ha ceduto 6 punti di share al satellite. E le stesse dinamiche sono avvenute a livello di platea».
Inoltre, se dal 2004 la raccolta pubblicitaria delle tv generaliste «si è stabilizzata a fronte di un mercato pubblicitario totale che ha continuato a crescere  sostanzialmente inlinea con il Pil (circa il 2% annuo fra 2004 e 2007)», Sky «ha ormai raggiunto una massa critica in grado di attrarre gli investitori pubblicitari», passando in quattro anni dall'1 al 4% della raccolta totale.
E sono proprio i più giovani, che rappresentano il boccone più appetitoso per il mondo dell'advertising, a essere i «meno "fedeli" alla tv generalista a vantaggio di internet» e del satellite. Il dominio della prima sul mercato pubblicitario domestico, quindi, «sarà sempre più messo in discussione».
Per incrementare i guadagni, allora, la Rai pensa di combattere l'evasione del canone, oggi al 25% rispetto a una media europea del 10. Di aumentarlo per ora non se ne parla, anche se «ci sono una serie di fattori strutturali che giustificherebbero una crescita del gettito». Gli altri guai di viale Mazzini sono  sintetizzabili nello squilibrio fra ricavi e costi, nella «perdita di flessibilità del palinsesto» e nell'indebolimento delle «competenze editoriali», con una quota di collaborazioni esterne dell'11% all'anno nell'ultimo quadriennio, e in costante lievitazione.
La ricetta-minestrone per il rilancio dell'azienda pubblica è costituita da quattro target rafforzare e innovare l'offerta per mantenere la leadership nella tv generalista; presidiare le nuove piattaforme per "traghettare" la Rai verso il mondo digitale; razionalizzare il capitale investito e la struttura organizzativa; ristabilire una dinamica costi-riavi sostenibile. Ma oltre al digitale terrestre, la Rai deve rafforzare il «posizionamento» sul satellite.
Come? L'idea è che l'azienda, già presente su Sky con una propria offerta gratuita, dovrà ampliare il bouquet di canali a pagamento sulla piattaforma di Murdoch. Invece di tentare la concorrenza diretta a Sky, insomma, si pensa a una specie di Cavallo di Troia. Nella speranza che Rupert e i suoi non se ne accorgano.
Maurizio Gallo
per "Il Tempo"