Tempi duri per la pubblicitàtradizionale. Secondo uno studio presentato da Ibm Global business services entro i prossimi cinque anni i budget destinati agli investimenti in comunicazione si sposteranno su nuovi formati.
Secondo il report «The end of advertising as we know it», che ha coinvolto oltre 2.400 consumatori e 80 professionisti del settore a livello internazionale, oltre la metàdei pubblicitari intervistati ritiene che nei prossimi cinque anni gli scambi pubblicitari (ora gestiti da societàcome Google, Yahoo, Aol) conteranno per il 30% dei ricavi attualmente controllati dalle emittenti e dai media tradizionali e che nel giro di cinque anni si assisteràa un calo di fatturato significativo (più del 10%) per lo spot di 30 secondi, mentre quasi il 10% sostiene che la riduzione saràancora più consistente (oltre il 25%).
Secondo i due terzi degli intervistati, nei prossimi tre anni il 20% del fatturato pubblicitario si sposteràda formati basati sulle impression a formati basati sull'impatto.
A farne le spese è soprattutto la pubblicitàtelevisiva. Il pubblico, da un lato, si è spostato verso internet, mentre chi continua a seguire la tv inizia a preferire i Dvr, così da poter registrare i programmi e saltare la pubblicità. Il 25% dei consumatori intervistati possiede e usa regolarmente un lettore Dvr. Di questi oltre il 50% preferisce guardare programmi registrati.
Inoltre, il 40% degli intervistati sostiene che la pubblicitàtradizionale durante la visione di programmi è «la più fastidiosa di qualsiasi altro formato».
Ibm Global business services ha riscontrato anche differenze significative di comportamento tra le diverse categorie. I giovani con basso reddito e non abituati a pagare per i contenuti (a eccezione della telefonia mobile) sono più proiettati verso i contenuti interattivi e preferiscono per il 75% siti internet di social ama i programmi televisivi proposti dalla tv generalista.
Chi ha un maggior reddito disponibile, ama invece trascorrere il tempo libero visionando contenuti on-line, rispetto alla tv. Infine, vi è una fascia di navigatori che accetta di pagare per i contenuti e acquista abbonamenti a quotidiani on-line. I fatturati della pubblicitàtradizionale, dunque, rischiano di crollare.
«La pubblicità», ha affermato Saul Berman, practice leader, Ibm media & entertainment strategy and change, «rimane un elemento fondamentale della cultura popolare e continua a sovvenzionare una larga fetta dell'entertainment in tutto il mondo. È però necessario che si adegui ai nuovi formati e offra un valore intrinseco più consistente ai consumatori, i quali avranno un ventaglio più ampio di opzioni. La proliferazione di operatori pubblicitari renderàpiù importante che mai il ruolo delle analisi sui consumatori. I giovani, in particolare, sono propensi a non pagare per i contenuti. Nonostante il maggiore controllo da parte dei consuma^ tori su pubblicitàe contenuti, prevediamo che in futuro essi continueranno a preferire la visione tradizionale della pubblicitàpiuttosto che il pagamento diretto dei contenuti».
Una diversificazione degli investimenti verso i vari segmenti, puntando soprattutto sulle nicchie di mercato, potrebbe essere la soluzione per la paventata crisi. I consumatori sono sempre più protagonisti nella comunicazione, tanto da contribuire spesso ai contenuti. Il 26% del campione intervistato per la ricerca contribuisce attivamente ai siti di social networking e il 10% invece si avvale del vìdeo contribuendo a portali come YouTube.
La sfida nel futuro si gioca tutta su attenzione, creatività, misurazione della pubblicità. Gli inserzionisti iniziano a seguire le tendenze dei consumatori, tanto che il 44% ammette di aver giàpianificato una diversa distribuzione del budget da destinare in pubblicità.
Antonio Ranalli
per "Italia Oggi"