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II manager-fotografo Fabrizio Corona l'ha capito bene e forse prima degli altri, cosi dopo aver ribaltato la sua sventura giudiziaria fino a farne la migliore occasione per il successo, adesso si è messo a sfruttare le sventure altrui, guadagnadoci soldi e nuova, pubblicità. L'importante è correre dove corrono i fotografi, quelli di nera, e Fabrizio Corona che conosce il mestiere due giorni fa era a casa di Azouz Marzouk, vittima del male e adesso anche protagonista, un anno fa gli hanno ammazzato la moglie, il figlio e la suocera, ora è finito in galera per spaccio.
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Che c'entra il fotografo dei vip, 80 giorni in galera con l'accusa di estorsione e associazione a
delinquere, con il tunisino sospettato per qualche ora d'essere il "mostro" della strage di Erba? «Siamo amici -ha spiegato il paparazzo imprenditore - lui è un bravo ragazzo, oltre che un giovanotto di bella presenza che la tragedia ha trasformato in personaggio». Poi ci tiene a precisare: «Non sono qui per farmi pubblicità, anche se ammetto che su Azouz ho guadagnato».
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Corona dunque ha fatto soldi vendendo rimmagine del tunisino che a sua volta ha sfruttato l'omicidio di quattro persone per diventare qualcuno. Il suo sogno non è l'Italia, come rivelano le intercettazioni riportate nell'ordinanza di custodia cautelare, vuole tornare in Tunisia con una Porsche o una Bmw. Aveva una famiglia, in Italia, e gliel'hanno distrutta (la moglie Raffaela Castagna e il figlio Youssef, due anni, uccisi insieme alla suocera e a un'altra persona dai vicini di casa), adesso il suo sogno è di «vivere come un paschà». Passaggi in tv, amicizie da gossip, serate in discoteca con Lele Mora, autografi e adesso la galera perché, secondo i magistrati di Como, il tunisino faceva soldi con la droga: un giro d'affari di 350mila euro l'anno, 250 clienti.
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Un percorso inverso a quello del fotografo coinvolto nell'inchiesta del pm di Potenza Woodcock su Vallettopoli («quel magistrato mi ha sbattuto in galera per farsi pubblicità») che da anti-eroe adesso sta diventando un quasi eroe, di certo vittima della giustizia dopo che l'accusa di estorsione a Totti - una delle tante - è caduta e il caso archiviato. La cronaca tira, e così Corona è giàdiventato amico di Patrick Lumumba, il musicista congolese arrestato e poi rilasciato per il delitto di Perugia, «presto insieme incideremo un disco». E' facile che lo stesso proveràa fare con Amanda Knox, la bad-girl di Seattle in carcere con l'accusa di aver assassinato l'amica Meredith. Protagonista inquietante di questa brutta storia di Perugia ancora tutta da capire, le smorfie maliziose in e il racconto di uno stupro sul web, agghiacciante e premonitore. Amanda provocatrice e fragile, assetata di piacere, come lei stessa racconta, da studentessa modello dai gesuiti a universitaria trasgressiva, droga, alcol, uomini e adesso pure il delitto. Non poteva che diventare una maledetta star, riceve venti lettere d'amore al giorno, anche da detenuti Usa, e lei le legge tutte, sul web fìumi e fiumi di parole su di lei. Da qualche giorno Amanda ha la sua "frangetta", ovviamente titolata «Amanda Knox is burning», analogamente a tutte le frangette-rap dissacranti che l'hanno preceduta, apparsa sul blog di Perdigiono che la definisce una «bugiarda che l'ha combinata grossa».
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E prima ancora del giallo di Perugia, Corona aveva fatto un'incursione in quello di Garlasco diventando amico delle delle gemelle Cappa, cugine di Chiara Poggi, la ragazza di 26 anni uccisa il 13 agosto scorso, ancora non si sa da chi e perché (l'unico indagato è il fidanzato Alberto). Paola e Stefania, per giorni e giorni, in primo piano, in tv e sui giornali, 23 anni e il sogno di "bucare" il video non importa come, anche in lacrime e con in mano la foto della cugina morta, oltretutto una foto bugiarda. Tanta la smania d'apparire delle gemelle che hanno esibito un fotomontaggio davanti al cancello di casa della cugina: loro due con Chiara sorridenti, vestite di rosso. E poi una delle due, in un memoriale pubblicato su un settimanale, aveva mentito sulla menzogna, raccontando che quella foto era stata scattata cinque anni prima in vacanza, «dopo una bellissima serata», che mai c'è stata.
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Pubblicitàcattiva, va bene anche quella, forse "vende" anche di più. E così Marco Ahmetovic, il rom condannato a sei anni e mezzo per aver ucciso alla guida di un furgone, ubriaco, quattro ragazzi tra i 16 e i 18 anni (accadde il 23 aprile scorso ad Appignano del Tronto) è diventato testimonial, seppure agli arresti domiciliari. Prima di un orologio della "Linearom" messo in vendita on line su E-bay, e poi anche di un profumo, una linea di jeans, occhiali da sole e altri gadget ispirati alla cultura gitana del ventiduenne che scriveràanche un memoriale.
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«Tutta colpa dei giornalisti se Ahmetovic è diventato una star», accusa il suo agente pubblicitario. Il marketing della tragedia ha scatenato l'indignazione di tutti, compreso il ministro Mastella e il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini.
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"Dannata" e proprio per questo attraente, Erika De Nardo. Centinaia di lettere d'amore per la ragazza di Novi Ligure che sei anni fa uccise la madre e il fratellino, mai pentita e per questo, secondo la Cassazione, deve restare in carcere a scontale i 16 anni di condanna. Anche lei una ragazza come le altre, "viso d'angelo" tipo Amanda, fascinosa e perversa, per tanti ragazzi irresistìbile come il male che ha fatto.
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 Maria Lombardi
per "Il Messaggero"
per "Il Messaggero"