
Lo spettacolo, ripreso in diretta da uno spazio per concerti, il Fillmore di Cortemaggiore in provincia di Piacenza, avrà le musiche di Lorenzo Monguzzi (dei Mercanti di Liquori).
Gli «Album» di Paolini sono lâautobiografia di una generazione cresciuta in Veneto quando il Veneto era bianco e non ancora verde padano. Paolini li presentò in vari capitoli tra il 1964 e il 1984. Rappresentò se stesso attraverso lâalter ego Nicola, che si affaccia sui paesaggi dellâinfanzia e dellâadolescenza con sguardo curioso. In un lento entrare nella vita esplora la colonia di Adriatico, lâagonismo domestico di Tiri in porta, il microcosmo che si agita nellâoratorio di Liberi tutti, dove appare la formidabile figura di don Tarcisio, il prete che non ne perdona una.
Album dâaprile appare per la prima volta nel â95. Sembra avere per argomento il rugby e la vita che si sviluppa tra il campo di gioco e la piazza. In realtà parla di crescita, di politica, della pulsione a cambiare il mondo. E cambiare, per Nicola e i suoi amici, significa soprattutto fare politica, magari in modo confuso e senza arrivare ad un risultato. Alla vigilia dellâesame di maturità , Nicola forse sa che «la società perfetta» non esiste, ma guai rassegnarsi, guai abbandonare la spinta. Il racconto è intrecciato di storie vere di sport, di bar, di piazza.
Riappare la figura di don Tarcisio, sospeso «a divinis» per aver fatto arrabbiare i superiori; câè il bar della Jole, dove tutti nellâimmancabile eskimo si rifugiano dalla nebbia e dal freddo; câè la battaglia per il divorzio; câè Nicola impegnato con gli amici ad attaccare abusivamente manifesti; ci sono i cineforum; appare conturbante «la Norma», a cui Nicola non ha il coraggio di dichiararsi; tornano le manifestazioni, con «Barbin» massacrato di botte e ridotto in coma. Soprattutto ci sono gli attentati, culminati in quello orribile di piazza della Loggia a Brescia.
Lo spettacolo è scandito da una specie di decalogo di suggestioni. Dice Paolini nello spettacolo: «La prima cosa è l'odore della sifcamina e dell'olio canforato, per scaldare i muscoli in spogliatoio; la seconda è la faccia di Tarcisio, tirà come una bestemmia muta, gli occhi rossi di chi non ha dormito; la terza è lo spogliatoio: stretto, lungo, come un vagone; la quarta è la squadra, tutti vestiti uguali, anch'io, allora gioco anch'io; la quinta il campo di fango di Rovigo, coi pali delle porte più alti del mondo, fatti apposta per farti prendere paura; la sesta è il caligo, la nebbia; la settima è una piova che vien e che lava; l'ottava gli spari in piazza; la nona è Barbin in coma, ma par che dorma; la decima è il nostro nome: gridato in piazza come a una partita vera Jo-le, Jo-le, Jo-le, Jo-le, Jo-le, Jo-le, Jo-le!».