Nel 2007, anno di riflusso post elezioni e di insofferenza verso la casta politica, i tg italiani hanno fatto una scelta editoriale ben precisa: privilegiare la cronaca nera, raccontando l'Italia della provincia, altrimenti quasi totalmente espulsa dall'immaginario mediatico collettivo.
Prendiamo le interviste per strada, per carpire gli umori dal basso. Avete mai visto interpellare qualcuno a Barletta? O a Treviso? No. Tutto si concentra sull'asse Roma - Milano, al massimo con qualche puntatina su Napoli: metropoli importanti, ma che certo non rappresentano l'Italia profonda. Quando invece si materializza l'occasione del noir, ecco che la provincia esce dall'anonimato e diventa protagonista, cifra quasi estetica del negativo italiano.
A non essere mai raccontata è l'Italia normale: quella che funziona, quella maggioranza silenziosa e laboriosa che, ad esempio, ha consentito il boom dell'export del made in Italy. Un record di cui Prodi sâè beato, ma che, nelle cronache, non trova spazio.
Amanda & Co. premiano
Quest'anno ricco di hard news e di fastidio per il palazzo segna non a caso un'attenzione maniacale dei tg Rai e Mediaset per la cronaca. Il Tg 5 ha dato assoluta priorità a queste notizie: gli effetti sull'audience si sono fatti sentire. Infatti, il neo direttore Clemente Mimun ha guadagnato in autunno oltre 300mila spettatori.
Certo, il Tg1 di Gianni Riotta, resta saldamente leader: sull'intero 2007, il gap è corposo: l'edizione serale del Tg1 vanta, infatti, una media di 6.625.627 spettatori, pari al 32,2% di share (fonte: Centro media OMD), contro i 5.744.884 spettatori, pari al 27,6%, Mediaset. Ma nel periodo tra luglio e dicembre, apertosi proprio con l'approdo di Mimun al Tg5, lo scarto scende dal 7,10% al 4,85%. Per un possibile sorpasso servirà comunque un traino consistente, che Canale 5 oggi non è in grado di garantire.
Gode di buona salute anche Studio Aperto di Giorgio Mulè, che cresce sia nell'edizione delle 12.30 (2.481.767 spettatori di media, per una share superiore al 20%), sia in quella delle 18.30, nonostante l'agguerritissima contro-programmazione dei quiz, riuscendo a salvaguardare il 13,2% di share, con un milione e 500mila spettatori. E, questo, senza aver rinunciato alla «politica non politicata» applicata al carovita o alle difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, ma garantendo quel 60% di target giovane che caratterizza la seconda rete del Biscione. In altre parole: gli episodi di cronaca fungono da testimonial di un malessere sociale che pure esiste, ma che, certo, il taglio dato a un evento potenzia e amplifica.
Non è un caso che il taglio a tutta cronaca sembri contagiare anche il Tg2 di Mauro Mazza, che conferma i buoni risultati dell'edizione delle 20.30, sempre in salute, e, in più, incrementa il numero dei telespettatori delle 13 (3milioni in media, pari al 19,9% di share), anche grazie a un format o giocato sull'informazione di servizio e con rubriche consolidate, quali Costume & Società e Tg2 Salute di Luciano Onder.
Da segnalare, infine, anche la buona performance del Tg3. L'edizione di punta delle 19 si è attestata per tutto il 2007 sopra i 2 milioni (13% di share) di ascoltatori, nonostante la scelta del direttore Antonio Di Bella di privilegiare i temi «difficili», dai diritti negati alla sicurezza sul lavoro. Sul fronte dei talk show, mantiene saldamente la leadership Porta a Porta di Raiuno, che, però, deve vedersela con un agguerrito Matrix (Canale 5).
Nel 2007, Bruno Vespa si è imposto su Enrico Mentana 19 volte su 25. Il confronto sul totale individui va a tutto vantaggio del primo, con una media di oltre 1.500.000 spettatori (19,08%) contro circa 1.350.000 (15,70%) del secondo. Per entrambi tuttavia, è da sottolineare la crescita tra il pubblico under 15. La trasmissione Rai, nella fascia 4 - 14 anni, raggiunge un ascolto medio di 28.660 spettatori, pari al 10,7% di share, mentre quella Mediaset ne totalizza ben 55.216, pari al 22.5% di share. Anche questi talk show hanno acceso il faro sul noir, privilegiando la cronaca rispetto alla politica. Paradigmatica la copertura del delitto di Cogne.
Lâantipolitica
Chi invece non cerca vie di fuga nella «nera», cavalca con successo l'antipolitica. E' il caso del rinato Michele Santoro, che è riuscito con AnnoZero a dar voce a una sinistra arrabbiata, poco istituzionale, ma che pesa sullâAuditel.
A fine 2007, infatti, la trasmissione su Raidue, ha portato a casa una media del 14,08% di share, rasentando la soglia dei 3.400.000 telespettatori. E si è in fondo «santorizzato» anche Ballarò, nato come contenitore riformista, ma ormai votato alla causa del trend anti-casta. L'approfondimento di Giovanni Floris su Raitre si difende bene, totalizzando un'audience media di circa 3.554.000 spettatori, pari al 14,24% di share, con tendenza in ascesa, visto che il 18 dicembre ha raggiunto 4 milioni di persone (share 16.30%).
Insomma, se Mediaset descrive l'Italia come un paese «inca..ato» e catalizza in chiave antigovernativa un malcontento diffuso, la Rai sceglie la via dell'antipolitica perché garantisce ascolti, ma anche immagine. Ma dove è finita l'Italia positiva di cui parla Prodi?
Klaus Davi
per "La Stampa"