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Questo consiglio di amministrazione - terremotato da un via vai di carte bollate e consiglieri defenestrati e reintegranti - ha iniziato il conto alla rovescia. Giugno, la scadenza del mandato, si avvicina ed è giunta l'ora di tirare le somme. «Se proprio devo fare una critica a questo cda, direi che forse non abbiamo contribuito a sufficienza. Forse andavano messe un po' da parte le "tessere" di appartenenza. Bisognava fare un passo indietro e pensare solo al bene ed al futuro dell'azienda». È quasi un'autocritica quella di Curzi che questa baracca la conosce bene, dagli scantinati bui fino alle terrazze del piano nobile. Icona di un comunismo vecchio stampo, il consigliere Sandro Curzi l'Azienda, oltre a conoscerla come il tinello di casa sua, la vive proprio come se fosse "casa sua". Dopo aver guidato l'armata Brancaleone del neonato Tg3, gestito da "reggente" una transizione complicata, adesso guarda con affettuoso distacco le poche settimane che mancano alla scadenza dell'incarico. E non rinuncia, anche a conto alla rovescia lanciato, a dettare la sua linea. Sarà un caso ma i silenziosi e composti commessi del settimo piano - che tutto sanno e nulla dicono - gli hanno cucito addosso un nomignolo affettuoso: "Il Saggio", e lui non se la prende, anzi lo incassa come un complimento. E' nolo che in cda Curzi venga tirato per la giacchetta - a destra e a manca - ogni qualvolta c'è un scontro, una posizione da riconciliare, un programma da portare avanti. Lui media, pondera, sbuffa un fil di fumo dalla pipa e poi lascia scivolare un consiglio, un parere, un'indicazione. La prossima settimana, il 23 per la precisione, il cda dovrà approvare il Piano editoriale dell'azienda pubblica. Da questo dipende tutto, anche il Piano industriale 2008/2010 che dovrebbe evitare i previsti quasi 500 milioni di disavanzo. Senza dimenticare la spada di Damocle di una legge di riforma in gestazione e i non quantificati investimenti economici per lanciare il digitale e rinnovare tecnologicamente l'azienda.
Allora lo approverete questo benedetto Piano editoriale?
«Un accordo quasi c'è. Leone (Giancarlo Leone, vicedirettore generale, ndr) ha esteso un po' di più i colloqui, rispetto a quanto non sia stato fatto per quello industriale. Ha preso spunti, ascoltato tutti, chiesto pareri e ne ha tenuto conto per riscrivere un piano che sia condivisibile».
Curzi scava un po' tra le carte dalla scrivania e sventola, ma non opre, il nuovo Piano editoriale fresco di stampa. Una quarantina di pagine fitte fitte che tengono conto delle osservazioni dei consiglieri, così che ciascuno ci si possa identicare e riconoscere.
Bello, cosa c'è dentro?
Sorride sornione, si accende la pipa chiara e comincia a spiegare partendo dal suo grande amore: la notizia.
«Tanto per iniziare c'è più informazione. Un appuntamento reale, un blocco informativo comune alle tre reti da mezzanotte alle sei del mattino».
Insomma, un rullo di notiziari come Sky?
«Non proprio. O meglio: non solo. Noi abbiamo RaiNews24, il canale informativo va utilizzato meglio. Bisogna trasfomarlo in un appuntamento reale. Se mi alzo alle quattro del mattino la Rai, come servizio pubblico, deve darmi le informazioni principali, proprio come fa Sky. Anche meglio».
E poi?
«E poi finalmente torna la vera seconda serata. Il palinsesto per come è diviso adesso è un'oscenità, troppo lungo. La gente la mattina si alza per andare a lavorare. La prima serata non può terminare alle 23.30. Per questo stiamo pensando ad una prima serata che inizi più presto, una seconda più corta e "densa", e una terza serata a seguire».
Diamo per buono che mercoledì si approverà il Piano editoriale. Però la storia di quello industriale è un po' diversa...
«Beh forse dovevamo discuterne un po' di più. È stato fatto tutto in modo affrettato. Serviva, ad esempio, una Conferenza di produzione, consultando tutti».
Pure il personale?
«Proprio loro. Dentro la Rai ci sono ancora, nonostante bizzarre politiche di prepensionamento o passaggio ad altra mansione, quadri e tecnici di grandissimo valore. Se non si utilizzano al meglio queste risorse, se non le si mette in condizione di lavorare, peggio ancora si incoraggia l'esodo o la transumanza ad altro incarico, è logico che la gente si senta depressa. Questa è un'azienda con un capitale gigantesco».
E allora partiamo del personale. Partiamo dal giornalisti.
«Le nuove tecnologie ci obbligano ad immaginare nuove figure professionali. Il multimediale è una realtà. Non dobbiamo restare a guardare fermi sulle nostre posizioni. Bisogna vincere le resistenze interne, ci vuole agilità. Ma dialogando insieme».
Il salvaschermo del computer di Curzi entra in funzione con incredibile tempestività e comincia a proiettare la frase: "El Pueblo Unido, Jamas Serà Vencido".
Cosa ne pensa del Piano industriale di Cappon?
«Ci credo fino ad un certo punto. Non sono scettico, però...».
Però cosa?
«Per esempio vorrei che fosse fatto uno screening approfondito delle società che collaborano con la Rai. Ci sono molte società strane. Insomma, servono un po' di controlli incrociati».
Nel Piano industriale c`è una bella grana: la parziale privatizzazione di RaiWay, i ponti di trasmissione...
«La storia di RaiWay è un po' strana. È come se le ferrovie vendessero i binari. E dopo chi controlla la manutenzione, la rete, gli investimenti? Se il nostro fosse un Paese serio anche la politica si dovrebbe porre questi interrogativi. Premesso che le eventuali entrate economiche di Raiway non sono previste in budget, ho delle riserve sulle cifre date da Cappon. Bisogna valutare bene. Questa è un'azienda strategica. La politica dice: "Facciamo 3 passi indietro", poi però ne fanno 8 in avanti. Destra, sinistra, centro: hanno tutti grandi appetiti. Però bisogna decidere una buona volta se si vuole fare della Rai una vera azienda capace di stare sul mercato. Ma una volta decise le regole, serve stabilità per attuare qualsiasi piano editoriale o industriale».
Salutiamo il "Saggio" e togliamo l'incomodo. Curzi sorride, alza la mano e agita la pipa. Non fa in tempo a socchiudere la porta per seguire i titoli di testa del Tg3 che un navigato consigliere si infila nella stanza. Poi arriva un dirigente e un altro ancora. La processione di chi "elemosina" un consiglio, un parere, una valutazione ricomincia. Lui, rilassato, chiede un bicchiere di porto bianco (che è finito), ottiene un whisky gelato e comincia a centellinare suggerimenti...
per "Libero Mercato"
(19/01/08)