I numeri parlano chiaro: a gennaio 2010 il TgLa7 delle 20.00 aveva una media di share di poco superiore al 2% e a luglio dello stesso anno (il mese in cui è arrivato alla direzione Enrico Mentana) era al 4,14%.
Oggi, ad un anno esatto dalla prima conduzione del direttore, l’edizione principale del notiziario de La7 viaggia intorno al 9%, trasformando la rete nella terza più vista tra le 20.00 e le 20.30, dopo Raiuno e Canale 5.
«Missione compiuta» gongola Mentana che, non a caso, ha convocato apposita conferenza stampa. Non tanto, assicura, per comunicare dati «che sono sotto gli occhi di tutti» ma, soprattutto, per riepilogare cosa è successo in questo primo anno della sua avventura professionale nell’emittente targata Telecom: «E’ stato un anno importante, in questi dodici mesi è cambiata la pelle dell’Italia, dell’informazione e de La7». Nella quale, tanto per mettere i puntini sulle ‘i’, «non è che prima del mio arrivo ci fossero dei lazzaroni diretti da un incapace. Anzi, ci tengo a dire che i risultati li abbiamo ottenuti con gli stessi giornalisti che c’erano quando sono arrivato».
Né «il lavoro di Antonello Piroso era da gettare alle ortiche. Diciamo che il taglio e l’immagine del Tg erano stati pensati come alternativi alle due corazzate del Tg1 e del Tg5. Io, invece, mi sono trovato in un momento di cambio del mercato in cui gli spettatori lamentavano negli altri tg l’assenza delle grandi notizie a vantaggio di quelle sulla tintarella o sui festival».
Insomma, a sentire Mentana, è bastato dare un nuovo taglio al TgLa7, regalargli una fisionomia molto ben delineata, con politica, economia, esteri e cronaca solo quando serve, per creare «un appuntamento forte e concorrenziale nell’ora più difficile della giornata».
Per di più, «partendo dal 2% di share del programma che ci precede a fronte del forte traino che hanno gli altri. Se partiamo dal 2% e arriviamo al 9%, vuol dire che ci sono milioni di cittadini che, su qualsiasi canale si trovano, alle otto si sintonizzano progressivamente sulla nostra rete».
Del resto, aggiunge sul traino, «non avrebbe senso ricorrere al trucchetto del quiz che ci precede. Sarebbe come mettere nel tg grandi porzioni di Avetrana su cui indugiare morbosamente per passare dal 10 al 12%».
Dunque, tutto bene? Neanche per idea. O, meglio, tutto bene ma, avverte Mentana, «si puà e si deve fare di più: lo spazio c'è ancora e si può conquistare altro pubblico, indipendentemente dal fatto che gli altri telegiornali siano fatti bene o male».
Il traguardo, però, è raggiungibile a patto che «l’azienda ci aiuti. Su alcune cose andiamo avanti in monastica povertà. Non abbiamo corrispondenti, non dico all’estero, ma neanche in Italia, a parte la redazione a Milano. E non abbiamo neanche un operatore interno. La cura delle immagini, oltre a quella del ‘parlato’, è importante per la confezione di un telegiornale, non posso mandare in onda per cinque giorni consecutivi la stessa immagine dello stesso politico».
In attesa della risposta dell’azienda, Mentana riprende con le serate a tema, film più dibattito a seguire. Si comincia la prossima settimana con ‘Silvio forever’ di Roberto Faenza; seguiranno, tra le altre, una serata con Roberto Saviano («antipasto delle otto che Roberto proporrà su La7, quattro da protagonista assoluto, quattro insieme a Fabio Fazio») ed una con il film di Sabina Guzzanti ‘Viva Zapatero’.