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Le risorse si spostano dalla tv gratuita alla pay

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Fonte: Il Sole 24 Ore

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La forte limitazione dei ricavi di Mediaset, a causa del Ddl Gentiloni, comporterebbe «innanzitutto una riduzione» dei suoi investimenti. La relazione di Gonfalonieri ricorda quelli nella fiction, pari a 220 milioni di euro nel 2007 e gli 80 milioni in film italiani ed europei.

Nella relazione si definisce il "perimetro" dell'azienda. Mediaset è quotata in Borsa dal luglio 1996. Il 35,54% del capitale è posseduto da Fininvest.

Il flottante è per la metà in mano straniere, soprattutto fondi americani. I piccoli investitori sono oltre 25omila. Sui ricavi 2005 di 3,6 miliardi di euro, sono 2,7 quelli di matrice italiana. 

I dipendenti sono 4.681 a fine 2006, più un indotto diretto di circa 3.500 persone. Il 48% delle ore emesse è autoprodotto, con 5mila ore d'informazione realizzate ogni anno.

La quota di fatturato sul mercato pubblicitario televisivo è del 56,7%, al netto delle agenzie. Nel digitale terrestre il gruppo ha investito 1,2 miliardi, di cui 500 milioni per le frequenze e la digitalizzazione, il resto in diritti.

Mediaset ha creato tre reti digitali, di cui una dedicata alla tv mobile con standard Dvb-h.

Le tessere vendute per i servizi a pagamento, al 31 gennaio 2007, sono oltre 2,6 milioni con 5,8 milioni di ricariche, per un fatturato di 177 milioni, di cui 89 nel 2006.

La relazione contiene un'analisi dei mercati europei, considerati sempre come somma di canone, pubblicità e pay tv. In Germania, Italia e GranBretagna gli operatori pubblici hanno le quote di mercato più elevate (48% per le due tv pubbliche tedesche, 36% per Rai, 31% per Bbc). In testa alla classifica, oltre ai servizi pubblici, vi sono: la pay tv britannica BskyB (36% di quota di mercato), Mediaset (31%) e altri due operatori di pay tv, Canai Plus e Sogecable con n 30% a testa.

C'è «lo spostamento di risorse dalla tv gratuita a quella a pagamento». Il ritardato sviluppo del digitale terrestre «indebolisce la capacità competitiva delle tv terrestri», di fronte a piattaforme che permettono l'accesso agli utenti con decoder "proprietari" e impoverisce, allo stesso tempo, «sia la tv analogica che quella digitale gratuita».

Marco Mele
per "Il Sole 24 ore"

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