«Se la Rai dovesse applicare i limiti ai compensi imposti dalla finanziaria alle società pubbliche, sarebbero fra i 40 e i 50 i Big della tv che non potrebbero più lavorare con noi».
Non parla solo del caso Santoro il dg della Rai Claudio Cappon che ieri, nel pieno della crisi in cui è piombato il vertice della tv pubblica dopo la bocciatura delle sue proposte di nomina, è stato ascoltato insieme al presidente Petruccioli dalla commissione parlamentare di Vigilanza.
L’argomento crisi lo affronta Petruccioli che, da gran «tessitore» quale è sempre stato, ripropone la sua ricetta: ritrovare quello «spirito» unitario iniziale che «si è offuscato, non so se transitoriamente o in modo definitivo».
«Resto convinto che per superare le attuali tensioni e per recuperare una positiva operosità sia necessario ricostituire il clima e i propositi che ho esposto qui sei mesi fa. Orienterò così la mia azione, facendo tutto quanto mi è possibile come presidente del Cda. Solo così riusciremo a fare il meglio possibile per l’azienda nelle condizioni date»
«Queste - chiarisce Petruccioli durante l’audizione - non dipendono da noi; scaturiscono dalle leggi e dalle decisioni dei soggetti istituzionali indicati dalle leggi, a cominciare da questa Commissione, per l’ampiezza dei poteri ad essa attribuiti. Dentro queste condizioni noi dobbiamo agire con pieno senso della realtà e con alto senso della responsabilità».
Sul pluralismo violato (secondo le accuse della Cdl) il presidente cita i dati dell’Osservatorio di Pavia sui tg (a suo dire equilibrati) e ammette squilibri pro sinistra degli ospiti di Annunziata e Fazio: «saranno sanati».
Mentre Cappon assicura di aver messo in riga Santoro, «che ha preso atto dei rilievi critici formalizzati nella lettera di richiamo e accettato di fare alcune modifiche ad Anno Zero».
Troppo poco, per il centrodestra. Dopo di che Cappon si avventura sui compensi dei collaboratori Rai, tema sollevato da Romano Prodi a proposito di San Remo («Sono assolutamente contrario a questi ingaggi folli»). Proprio la Finanziaria aveva posto un limite di 250.000 euro ai compensi dei collaboratori delle società partecipate.
Cappon difende la Rai, che deve adeguarsi al mercato, e afferma appunto che 40-50 Big sforano quel tetto: «Parlo di conduttori come Pippo Baudo, Piero Angela, Bruno Vespa, Enzo Biagi, Carlo Conti, e Simona Ventura, ma anche autori e registi».
Quanto al caso dei compensi sanremesi, Cappon ha spiegato che per il Festival in realtà «il problema riguardava solo il compenso per un ospite internazionale» mentre era fuori dalla vicenda il cachet di Pippo Baudo che aveva un contratto precedente alla Finanziaria 2007 e quello di Michelle Hunziker che «rientrava nel contratto di fornitura da parte del gruppo Ballandi», comprendeva due balletti, un coreografo, le spese di soggiorno e il compenso della star.
Il problema per Cappon, è come applicare questa norma all’attività della Rai. «Nel nostro caso - sottolinea - non si arriverebbe ad una riduzione dei compensi a questi personaggi ma piuttosto si verificherebbe una limitazione dell’attività della società Rai».
Il direttore generale ha comunque rilevato che la Rai ha già applicato «lo spirito della norma e cioè una rigorosa riduzione dei costi: «I costi delle prestazioni artistiche di Sanremo - ha detto Cappon - sono diminuiti quest’anno rispetto al 2006 di oltre 900 mila euro, mentre il costo complessivo del Festival è sceso di 800 mila euro ma solo perchè abbiamo dovuto dare più soldi al Comune di Sanremo».
«A fronte di questi tagli - ha concluso Cappon - i risultati sono stati ottimi con un incremento dello share, che è arrivato al 47% di media e oltre 9 milioni di telespettatori».
M.G.B.
per "La Stampa"