La Commissione europea conferma il suo via libera al disegno di legge 1825 di riforma del sistema televisivo presentato dal ministro per le Comunicazioni Paolo Gentiloni. E chiede una serie di chiarimenti per verificare se la nuova normativa consentirà di «ovviare alle riserve» che la Ue aveva sollevato nei confronti della «vecchia» legge Gasparri.
La posizione di Bruxelles è contenuta in una lettera inviata a Roma in questi giorni, alla quale il ministero delle Comunicazioni risponde mettendo a fuoco una serie di punti che consentono di eliminare alcuni elementi di confusione che hanno caratterizzato il dibattito sulla riforma.
In particolare quello di un tetto massimo di introiti pubblicitari, pari al 45% del totale, che sarà consentito a ciascuno dei due operatori dominanti, vale a dire Rai e Mediasef.
Nella lettera di risposta preparata dal ministero si precisa infatti che quei limiti hanno carattere «transitorio» e sono destinati a scomparire dopo il passaggio dalla tv analogica a quella digitale, quando sul mercato ci sarà un numero di emittenti sufficiente a evitare posizioni egemoniche e, dunque, non ci sarà più bisogno di limiti nella raccolta pubblicitaria.
La base da cui parte la Commissione resta fissata al 19 luglio dello scorso anno, quando Bruxelles avviò formalmente una procedura d'infrazione contro lo Stato italiano per il fatto che la legge Gasparri violava le regole comunitarie in materia di attribuzione e gestione delle frequenze. In sostanza, le norme varate dal governo Berlusconi davano alle sole emittenti già attive sul mercato televisivo analogico la possibilità di trasmettere in digitale terrestre.
Con il rischio, vista la saturazione dello spettro disponibile, che anche dopo il passaggio alla nuova tecnologia di trasmissione si sarebbe ripropostala situazione attuale di duopolio, che vede Rai e Mediaset disporre oggi di oltre l'80% delle frequenze complessive e raccogliere quasi il 90%. della pubblicità .
La riforma Gentiloni cambia invece lo scenario, accelerando il passaggio verso il digitale di alcune emittenti analogiche e fissando al 2012 lo switch off, il salto definito dalla vecchia alla nuova tecnologia, favorendo da quella data l'ingresso di un maggior numero di operatori.
Ribadita la «valutazione complessivamente positiva», la Commissione Ue avanza comunque una serie di rilievi su alcune disposizioni del disegno di legge.
Per esempio, nella lettera si contesta l'uso del termine «posizione dominante» per quelle emittenti che superano la soglia del 45% dei ricavi pubblicitari, mentre le norme comunitarie prevedono che l'eventuale «posizione dominante» debba essere valutata caso per caso. Un altro rilievo riguarda il blocco, previsto dal disegno Gentiloni, della compravendita di frequenze fra i tre maggiori operatori (Rai. Mediaset, Telecom).
Una misura «asimmetrica» che non vale per gli operatori nuovi entranti, e anzi concede loro una sorta di «diritto speciale» non previsto dalle norme Ue. E qui, il ministero delle Comunicazioni ammette il carattere «asimmetrico», ma lo motiva proprio con l'obiettivo di favorire l'ingresso di nuove emittenti sul mercato.
Giancarlo Radice
per "Il Corriere della Sera"