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Ebbene, sull'ultimo esperimento di sadismo nazional-popolare (andato in onda mercoledì scorso, si temono le successive nove puntate) si è abbattuta una salutare bufera polemica. Con una nota a dir poco furibonda sono intervenute la commissione Pari Opportunitàdella Federazione Nazionale della Stampa e l'Usigrai (che è il sindacato dei giornalisti Rai), che hanno definito la prima puntata de La Sposa Perfetta «incivile, ignobile, squallida». In più, viene chiesto ai ministre alle Pari OpportunitàBarbara Pollastrini e ai presidente della Rai Claudio Petruccioli «se non abbiano qualcosa da dire e soprattutto da fare immediatamente per porre un argine a questa deriva incivile».
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Però. Questa volta l'arrabbiatura anti-reality è tosta ed è trasversale. A sinistra, c'è Vladimir Luxuria ad appoggiare l'irata nota di Fnsi e Usigrai. La Sposa Perfetta è per Luxuria è «un'asta di aspiranti mogli sottoposte alle forche caudine di aspiranti mariti-padroni e suocere aguzzine» dove la donna è «merce da vendere». Anche la deputata di Rifondazione chiede a Pollastrini di «stendere un velo pietoso sulla triste realtàdi questo triste reality». Sul fronte opposto, registriamo la reazione di Cristiana Moscardini, di An, che chiede «aggiustamenti», perché così com'è il programma finisce per ledere la dignitàdelle donne.
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Messa così, la disfida dei reality che sta animando la Rai potrebbe ancora riservare nuove sorprese. In molti credevano che lo spettatore italiano fosse talmente assuefatto ad ex veline che inseguono galline e rimestano tra vermi (Un, due, tre,,, stalla!), a grossi ragazzoni che piangono amare lacrime di fronte al video della loro mamma (Grande Fratello) e a gente che si spiaccica uova in faccia (Distraction) da non meritare nuove attenzioni. D'altra parte il governo del servizio pubblico pare incerto sui da farsi, nel timore di passare per snobistico se attacca il fenomeno (che, in effetti, cala vistosamente sotto il profilo del dio Auditel, ma non nei termini del disastro apocalittico di cui molti vaneggiano).
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È di giovedì scorso la polemica per il sostanziale voto a favore del Cda Rai per far ripartire l'Isola dei famosi (Petruccioli contrario), mentre è appena della settimana scorsa il vibrante faccuse del medesimo presidente della Rai, che indicava, per il 2008, l'addio del servizio pubblico ai reality show. I quali, tuttavia, si difendono con le unghie e con i denti. Da una parte i produttori di format, nella fattispecie la Magnolia di Giorgio Gori, che accusa un pezzo di Rai di esser diventato «bacchettone» e rivendica, così come il direttore della seconda rete Marano, la capacitàdel reality di attrarre sostanziosi investimenti pubblicitari. Dall'altra tutti coloro secondo cui, alla lunga, l'ossessiva reiterazione della formula del reality e la sua viscosa espansione su decine e decine di programmi-satellite che ne gonfiano i contenuti rischiano di trascinare la Rai verso l'ultimo baratro. In mezzo, queste sposine tutte belline e tutte schiavine, queste mamme mostruose, questa Rai nel pieno del pantano.
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Roberto Brunelli
per "L'Unità"
per "L'Unità"