«Tutto ciò che è raccontato nel film – come tutto ciò che è omesso - è lo specchio di quello che Francesco trova veramente importante nella sua storia, la storia che lo ha portato sino a qui». Così Alex Infascelli nel presentare MI CHIAMO FRANCESCO TOTTI, il ritratto inedito di uno dei più grandi campioni della storia del calcio italiano, che ripercorre tutta la vita e la carriera dello storico capitano e simbolo della Roma. Tratto dal libro Un Capitano scritto da Francesco Totti con Paolo Condò, edito da Rizzoli, il film è prodotto da The Apartment e Wildside, con Capri Entertainment e Fremantle, con Vision Distribution e Rai Cinema, in collaborazione con Sky e Amazon Prime Video, e andrà in onda in chiaro domenica 24 Luglio alle 21.25 in chiaro su Rai 1. Soggetto e sceneggiatura sono di Alex Infascelli e Vincenzo Scuccimarra.
È la sera del 27 maggio 2017, è il momento del tramonto che con la sua luce dorata rende ancora più bella e struggente Roma. Al centro dello stadio Olimpico c’è un uomo, ha il viso coperto dal cappuccio della felpa ed è solo. Ma qui, al centro del campo e sotto la curva Sud, quest’uomo ha rappresentato al meglio e per più di vent’anni la Roma.
E’ il Capitano, Francesco Totti, che alla vigilia della festa d’addio, decide di raccontarsi a volto scoperto, in modo intimo e spontaneo. Inizia così il docufilm di Alex Infascelli che nel 2021 ha ottenuto il Nastro d’Argento per il Cinema del reale e il David di Donatello per il miglior documentario. Un giocatore dal talento straordinario, entrato nella storia del calcio, si rivela attraverso la propria voce raccontandole scelte personali, il rapporto con la sua città, i momenti della gloria e della sconfitta. Nel momento delicato in cui Totti lascia la carriera, si pone una serie di domande. E come se fosse davanti alla moviola decide di “mandare un po' n'attimo indietro" il film della sua vita. Inizia così un racconto di preziose immagini private e pubbliche che ripercorrono tutta la sua vita.
L’infanzia, la famiglia, l’esordio a sedici anni in serie A, le grandi imprese sportive: la vittoria del terzo scudetto della Roma nel 2001, due Coppe Italia e due Supercoppe Italiane, il Mondiale 2006. La vita sentimentale, il suo primo incontro e poi matrimonio con Ilary Blasi, in questi giorni alle ribalte della cronaca per l’annuncio della separazione dopo vent'anni passati insieme e tre splendidi figli: Cristian, Chanel e Isabel. Si vedranno nelle immagini del superotto di famiglia Francesco bambino, incerto nel camminare, ad un anno e mezzo dare il suo primo calcio ad un pallone sulla spiaggia di Torvajanica. Da adulto ritorna nei luoghi della sua infanzia, nella scuola elementare del quartiere Appio Latino, dove a sei anni rivela il suo talento quando finalmente i bambini più grandi lo lasciano giocare a “Paperelle”. Tra i vari aspetti al centro del documentario anche il rapporto del Capitano con la città del cuore in cui decide di rimanere, rifiutando nel 2004 un contratto da capogiro con Il Real Madrid.
«Quando mi e? stato proposto di raccontare la storia di una figura immensa e trasversale come quella di Francesco Totti, ero in dubbio se accettare o meno. Non per superbia ma, al contrario, per umiltà» ha confessato Alex Infascelli, pluripremiato regista vincitore del David di Donatello per Almost Blue, e per il documentario S Is for Stanley-Trent'anni dietro al volante per Stanley Kubrick. «Pensavo – ha proseguito – che questo non dovesse essere un documentario sul calcio, bensì il memento filmico di un periodo irripetibile per Roma, e del suo protagonista, che non ha avuto, e non avrà, eguali nella storia di questa citta?».
Infascelli ha sottolineato quanto la partecipazione di Totti sia stata fondamentale nella narrazione:
«Per fare questo, senza peccare di onnipotenza, avevo una sola possibilità: quella del racconto in prima persona, ovvero: coinvolgere totalmente Francesco, che diventava la sola voce narrante della storia, l’unico che poteva ridimensionare se stesso. Un uomo capace di slanci introspettivi e descrizioni immaginifiche e sorprendenti».
E Roma lo ha ricambiato della sua fedeltà - ha giocato per 25 anni, tutta la sua carriera, con la maglia giallorossa, tradita solo per quella azzurra della Nazionale - amandolo di un amore appassionato e riempiendo il suo stadio, lo stadio Olimpico per salutare “l’ottavo re di Roma”.