A darne notizia è stato il direttore di Rai Uno che ha dato anche incarico al suo legale Giuseppe Benedetto di tutelare la sua onorabilità professionale in ogni sede giudiziaria.
âNellâedizione di oggi del quotidiano milanese, spiega Del Noce, si forniscono dati palesemente e artatamente manipolati dei risultati di Raiuno, identificandone nel suo direttore lâ unico responsabile. In realtà RaiUno nella stagione primaverile è saldamente al 25% di share negli ascolti di prime time, risultato che oggi si può considerare eccezionale stante la crescente concorrenza delle stazioni satellitari e delle pay"
Colpisce in particolare, continua Del Noce, che si faccia un raffronto tra gli ascolti Rai nel 2000 e quelli di oggi, non scorporando nemmeno il dato di RaiUno, che sette anni fa nel corrispondente periodo era al 23,8% e oggi è al 25% di share, da quello delle altre reti delle aziendaâ continua Del Noce:
âColpisce inoltre che Grasso, pur dicendo di non volere personalizzare le colpe, le personifichi unicamente poi nel direttore di RaiUno, rete che cresce di ascolti rispetto allâanno precedente, mentre vengono citate come esempio di rete in salute quelle che rispetto allâanno scorso hanno un bilancio in rossoâ.
âStupisce poi che Grasso fondi a sostegno delle critiche dati non solo palesemente falsi ma più volte pubblicamente smentiti. In particolare, conclude Del Noce, lâaccusa di aver comprato dallâestero il format di âColpo di genioâ e che invece è stata proprio una rielaborazione del nostro format âI cervelloniâ.
Questo l'articolo di Aldo Grasso apparso oggi nell'edizione del Corriere della Sera:
Rai e Mediaset: le crisi parallele
Colpa di Fabrizio Del Noce e Massimo Donelli? Italia 1 gode infatti di buona salute, così come Raitre e Rete4. In sofferenza, invece, Raidue. Come sempre, anche in tv, i successi hanno tanti padri, mentre gli insuccessi sono orfani.
E siccome non saremo certo noi a iniziare la caccia all'untore, proviamo a non personificare le colpe e a capire cosa non funziona più. Il dato più singolare è questo: siccome il bacino d'utenza sembra immobile, uno pensa che se perde Raiuno vince Canale 5, o viceversa, secondo la legge dei vasi comunicanti. In realtà il fenomeno si è verificato solo il sabato sera, con un travaso da Funari a Gerry Scotti.
Gli altri flop sembrano invece confermare la tendenza al ribasso della tv generalista: i programmi più importanti hanno perso mediamente cinque punti di share. Non solo: se da un lato si assiste a un lieve, ma sensibile calo nei consumi di tv (dieci minuti in meno al giorno), dall'altro si sta verificando una maggiore frammentazione dell'ascolto: pochi programmi riescono ancora a fare il pienone. Il trend negativo della tv generalista non esime comunque da colpe chi la fa.
La pratica del disimpegno si sostanzia invece in due scelte scellerate: la prima è il ricorso spesso ottuso al format straniero (compri Colpo di genio quando già possiedi i Cervelloni); la seconda è l'appalto della creatività alla case di produzione esterne.
Giustificabile, nel caso del Servizio pubblico, solo se la Rai nel frattempo si fosse trasformata in una finanziaria: ma la Rai possiede dipendenti, studi e, come si diceva una volta, il know-how, il sapere come fare i programmi. Certo, a furia di scegliere la dirigenza per meriti politici e non per quelli professionali si arriva inevitabilmente a questa situazione.
Più difficile spiegare la crisi Mediaset. Con una Rai in balia dei partiti non sarebbe difficile fare man bassa di audience. E invece anche Canale 5 stenta. Sempre gli stessi programmi, scarso lavoro di rinnovamento dei generi, incapacità di rigenerare le formule e i conduttori. Ormai se uno parla di prodotto, di idee viene preso per matto, come se il format fosse tutto e il contenuto niente. Ma le muse imprigionate abortiscono, lo sanno anche i bambini.
Aldo Grasso per 'Il Corriere della Sera'