
Nel corso degli anni è anzi aumentata, da parte dei produttori e degli autori, la volontà di fare di questo programma un'occasione per aderire il più possibile alla realtà di tutti i giorni con tutte le sue problematiche sociali «normalizzate»: di qui l'urgenza di piazzare di volta in volta il concorrente gay, la straniera integrata, la vittima di fatti di cronaca dolorosi, fino al transessuale di oggi.
Se c'è una differenza marcatamente riscontrabile tra le primissime edizioni del Grande Fratello e le ultime, compresa questa appena iniziata, è che all'inizio il programma concedeva qualche possibilità di comportamento spontaneo nei partecipanti, ai quali si chiedeva di interessare il pubblico con le loro dinamiche relazionali esaltate dalla condizione di cattività. Gli autori si limitavano a qualche indicazione di massima all'interno di un canovaccio in gran parte creato dai partecipanti. Oggi si ha la netta impressione che l'intervento e la guida degli autori sia sempre più importante e invasiva, che il «gioco dei ruoli» tra i partecipanti riceva input molto precisi (uno su tutti: la figura macchiettistica del ragazzotto milanesone e la donna ex uomo accompagnata in studio dai genitori nell'ambito di una precisa regia tranquillizzante).
Il fatto stesso che ai concorrenti venga chiesta di continuo una serie di incombenze pratiche, e che i locali dove prendono corpo le dinamiche psicologiche non siano più soltanto quelli della casa di Cinecittà vecchia maniera ma comprendano di volta in volta tuguri, discariche, bolle, appartamenti da costruire, dimostra come il tentativo ormai ricorrente di vivacizzare il copione lo assoggetti a direttive forse più spettacolari ma nel contempo più artificiose, forzate, imposte dall'alto. Il Taricone del Gf 2000 sembrava in gran parte artefice del proprio destino, il Roberto o la Silvia del Gf 2008 molto meno.
per "Il Giornale"