Se ne parla da tempo, ovvero della
scelta da parte della Rai di scendere dalla piattaforma Sky e trasferire il suo corredo satellitare sul digitale terrestre. Si tratta di quel pacchetto composto da sei canali che vanno sotto il nome di
Raisat (
Extra, Premium, Cinema, Gambero, Smash, Yoyo) e per i quali il gruppo Murdoch paga a viale Mazzini un
canone annuo di circa 57 milioni.
I segnali che arrivano sono evidenti, dicono che l?azienda pubblica avrebbe ormai scelto (il nuovo vertice non ha avuto ancora modo di affrontare la questione): non rinnovare (fra due mesi e mezzo, il 30 giugno) gli accordi con Sky, rinunciando a quei soldi, ai quali vanno aggiunte le entrate pubblicitarie (7 milioni) e l?attivo che la società Raisat produce ogni anno, unica consociata Rai a produrre un utile (il 2008 si è chiuso con un attivo di alcuni milioni). Scelta, comunque la si guardi, singolare visto che realizza il paradosso di un?azienda televisiva che preferisce contrarre il numero di piattaforme su cui trasmette, invece che (come sarebbe naturale) allargarle al massimo.
I segnali si diceva: il primo e più evidente riguarda
un?altra rinuncia, quella al David Letterman show, che da dieci anni va in onda su Raisat (prima su
Raisat show poi
Raisat extra) ed è uno dei programmi più seguiti del canale, oltre ad essere un prodotto di alta visibilità (con un tifoso come il presidente Napolitano).
L?opzione concessa dalla Cbs scade in questi giorni e ormai sembra impossible un ripensamento nonostante le insistenze del canale. Tanto più che, approfittando della situazione di stallo, si è fatta sotto la stessa
Sky, interessata a subentrare e a portare il più celebrato dei talk show mondiali sul nuovo canale
Skyuno, la nuova rete dove va in onda
Fiorello che, fra l?altro, proprio al Letterman dedica una parodia fissa in ogni puntata. Caso curioso: sia Letterman che Fiorello sono stati due prodotti che hanno dato a Raisat extra gran parte del suo successo.
Ma perché rinunciare al talk americano? In effetti, c?è stato un sondaggio con la Cbs per chiedere i diritti per il digitale terrestre, ma la risposta è stata al rialzo, d?altra parte il valore dei diritti per il satellite è assai diverso rispetto a una piattaforma (il dtt) che ha un bacino d?utenza più largo. Così Raisat ha lasciato campo libero, seguendo da una parte l?indicazione dei vertici di viale Mazzini a tagliare sui costi, ma insieme rinunciando a un prodotto che genera ascolti.
Ci sono comunque altri segnali che vanno nella stessa direzione.
Sky, per esempio,
sta lavorando a due nuovi canali per bambini destinati a prendere il posto eventualmente lasciati vacanti da Smash e Yoyo di Raisat. Ed è significativa anche
la vicenda di Rai4, il canale dtt di Carlo Freccero che, in questi giorni, ha lanciato addirittura una campagna economicamnte impegnativa di affissione cartellonistica) per
il varo della serie Il ritorno di Bruce Lee. Sky, stimolata anche dai buoni risultati del canale, sostiene che il contratto obbligherebbe viale Mazzini a trasmettere il segnale anche sul satellite. E, dopo nove mesi di resistenze, ha affidato la pratica all?ufficio legale minacciando di chiedere i danni oltre ad avere bloccato i pagamenti a Raisat.
Tutto lascia presagire, dunque, che in due mesi si consumerà il divorzio totale con Sky con il trasloco di Raisat. Con quali contenuti e con quali vantaggi è tutto da vedere. Intanto c?è da valutare il valore economico dell?operazione. Il Sole 24 ore di recente ha stimato in cento milioni la perdita pubblicitaria che deriverebbe dall?abbandono di quei quattro milioni e settecento mila abbonati Rai che vedono i programmi in quanto a loro volta abbonati di Sky. Senza contare l?aggravio di costi che comporterebbe la sopravvivenza di Raisat, visto che i soldi di Sky non ci sarebbero più.
Certo, c?è l?idea di dare corpo a
una nuova piattaforma satellitare in società con
Mediaset e
Telecom, che avrebbe anche il compito di colmare i vuoti del segnale digitale terrestre: ma su
Tivù, questo il nome della piattaforma,
grava il problema del decoder. Cioè gli spettatori dovrebbero comprare un ulteriore decoder (uno per ogni televisore di casa) con aggravio di costi e di ingombro.
Marco Molendini
per "Il Messaggero"