Caro Direttore, Aldo Grasso ha ragione a lamentare la mancanza di innovazione nella televisione italiana. Tuttavia anche in questo caso è buona norma distinguere la causa dall'effetto.
Grasso nel suo articolo di ieri affronta il problema della scarsa qualità della programmazione televisiva, ma è bene chiedersi anche perché in tv vediamo solo queste cose.
La risposta più immediata è che nel settore televisivo italiano non vi è abbastanza concorrenza, di conseguenza è più proficuo per i produttori televisivi riproporre gli stessi programmi visto che, come avviene nelle aziende di tutto il mondo, la scelta ricade sempre sull'opzione più semplice.
Ma anche un cambiamento radicale può essere semplice. Ci vuole più libertà nel settore televisivo per promuovere una maggiore concorrenza. In che modo si può fare? Ecco alcune idee:
1 - Garantire che la maggior parte delle nuove frequenze rese disponibili dal passaggio al digitale vada a nuovi entranti nel mercato (tra cui eventualmente anche aziende straniere) che dispongono delle necessarie risorse economiche e di idee innovative. È fondamentale inoltre garantire che le procedure di assegnazione di queste frequenze vengano stabilite con criteri di totale indipendenza, obiettività e trasparenza.
2 - Rimuovere in modo più rapido le regole introdotte nel 2003 che impediscono a Sky di essere competitiva nel campo del digitale terrestre, ed evitare di introdurre nuove norme finalizzate a penalizzare Sky (quali, per esempio, le limitazioni previste nel decreto firmato dal Viceministro Paolo Romani nel corso di quest'anno che limitano la nostra possibilità di vendere spazi pubblicitari);
3 - Spezzare il controllo duopolistico che Rai e Mediaset hanno su Auditel, affinché le aziende che decidono di investire in nuove televisioni possano da subito fare affidamento su dati di ascolto accurati, fonte dei propri ricavi;
4 - Liberare la Rai dal controllo da parte della politica (di tutti gli schieramenti, di destra come di sinistra e di centro) e permetterle di riscoprire la sua autentica missione di servizio pubblico. Il «convitato di pietra» (o «l'elefante nella stanza» del mondo anglosassone) a cui Grasso non fa riferimento nella sua analisi di ieri — ma di cui ha scritto più volte in passato — è il fatto che il sistema italiano ha permesso ad un'unica azienda, Mediaset, di ricoprire una posizione di tale dominanza nel settore televisivo nazionale da raccogliere il 65% delle entrate pubblicitarie; una quota che peraltro, senza la fittizia concorrenza della Rai sarebbe ancora maggiore.
Nel campo della pay tv, Mediaset opera senza alcun tipo di limitazione, mentre Sky è soggetta ad un lungo elenco di restrizioni normative (se Sky ottiene risultati migliori è solo perché i consumatori scelgono liberamente il nostro prodotto preferendolo a quello di Mediaset Premium). Poiché l'Italia sino ad oggi ha scelto un approccio restrittivo verso una reale concorrenza nella televisione, questo ha portato il Paese ad avere un settore di dimensioni ridotte rispetto agli standard europei, generando meno posti di lavoro e meno innovazione.
Se apriamo il sistema cresciamo, e un mercato più ampio darà alla Rai, a Mediaset, a Sky e altre nuove aziende spazio per svilupparsi e prosperare. Accetto la critica mossa da Grasso: Sky non è abbastanza differente. Dobbiamo cambiare il sistema e godere della libertà di scelta. Liberi di.
Cordiali saluti,
Tom Mockridge
Amministratore Delegato Sky Italia